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29 marzo 2024

Castelfranco

«RIAPRITE LE INDAGINI SULLA MORTE DI MIA SORELLA»

Appello di Virna Cassol, autrice del libro “Quello che gli occhi non vedono lo sente il cuore»

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Altivole – Un libro in cui solleva i suoi dubbi: il caso è stato chiuso troppo in fretta. Questo ciò che pensa Virna Cassol, la pranoterapeuta di San Vito di Altivole autrice del libro “Quello che gli occhi non vedono lo sente il cuore”.

Il volume è stato dato allo stampe con un chiaro obbiettivo, far riaprire le indagini sul sulla morte della sorella di Virna Cassol, Luciana Stefania Cassol, trovata cadavere nella vasca da bagno della propria abitazione di Galliera Veneta (Padova) il 5 gennaio del 2004.

Tutto era stato archiviato in poco tempo come un semplice incidente domestico, ma secondo Virna Cassol non si era fatto abbastanza per capire esattamente come fossero andate le cose. Un dubbio che l’ha logorata per cinque anni e che l’ha spinta, appunto, a scrivere il libro.

«Ho voluto mettere nero su bianco le mie perplessità e i miei dubbi su una giustizia troppo frettolosa – le parole dell’autrice -. Subito dopo la morte di mia sorella nessuno mi ha ascoltata. Avevo detto che molto probabilmente era morta per mano di qualcuno e mi è stato detto che la giustizia faceva il suo corso. Ma nel fascicolo delle indagini mancano delle cose fondamentali. Avrebbe dovuto esserci un esame tossicologico, ma non c’è. Mia sorella aveva problemi con l’alcol, e verificare se aveva bevuto prima di cadere nella vasca da bagno doveva essere la prima cosa da fare».

Stando a quanto è agli atti, l’allora 56enne Luciana Stefania Cassol era andata in bagno per tingersi i capelli intorno alla mezzanotte. Il marito nel frattempo era andato a letto. Alle 5,30, la scoperta del cadavere. L’autopsia parla di collasso cardiocircolatorio conseguente ad asfissia per annegamento. In altre parole la morte della donna viene vista come un banale incidente domestico.

Anche se: «in obitorio noi parenti abbiamo visto che aveva un livido sopra all’orecchio di alcuni centimetri, ma nel referto dell’autopsia di questo livido non c’è traccia – dice sempre Virna Cassol -. Quando all’epoca avevo chiesto l’esito dell’autopsia mi era stato detto che non lo potevo avere, che prima veniva il marito». Perplessità sussistono anche su un ponte dentario schizzato a qualche metro dal corpo della vittima. Lo stesso vale per la documentazione fotografica agli atti: viene ritratto esclusivamente il corpo, ma non il bagno in cui è stata ritrovata.

 


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