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29 marzo 2024

Vittorio Veneto

Ambasciatori alle Nazioni Unite

9 studenti del Flaminio a New York

| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

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| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

Ambasciatori alle Nazioni Unite

VITTORIO VENETO - E’  rientrata la delegazione di nove studenti dall’esperienza al Palazzo di Vetro di New York come ambasciatori alle Nazioni Unite, ultima tappa del programma previsto all’interno del progetto NHSMUN (National High School Model United Nations).

L'iniziativa è stata gestita dal Dipartimento di Cultura Generale e di Pubblica Informazione dell’ONU, dove sono stati protagonisti attivi per una decina di giorni, dal 3 all’11 marzo gli studenti partecipanti, in foto da sinistra: Agata Brescacin, Beatrice Cettolin, Alice De Biasi, Giulia Da Dalt, Stefano Toffol, Daniele Barbaresco, Fabio Minet, Matteo Vinci, Alberto Bernardi.

 

Abbiamo chiesto a una di loro, Beatrice Cettolin di parlarci della loro esperienza.

"Innanzitutto, il corso frequentato a Treviso prima della partenza per New York ha fatto apprendere a noi studenti conoscenze che normalmente non vengono trattate in classe.

Altro aspetto molto importante è stato l'uso della lingua inglese, e in particolare di quel linguaggio tecnico proprio della diplomazia.

 

Il nostro inglese è migliorato, attraverso le lezioni sul lessico diplomatico, le ricerche condotte autonomamente, leggendo documenti ufficiali interamente in lingua inglese, seguite dalla rielaborazione delle informazioni apprese con la stesura in inglese di un testo ufficiale, il Position Paper. Quest'ultimo doveva esporre la posizione dello stato da ciascuno rappresentato, in merito a un determinato problema.

 

Grazie poi alla lezione sulle tecniche di persuasione e al contatto diretto con la lingua utilizzata da ragazzi delle più disparate nazionalità, molti dei quali madrelinga, durante le simulazioni a New York, abbiamo appreso strategie, per comunicare le nostre idee nel modo più conciso (il tempo per portare a termine un discorso oscillava dai 40 ai 60 secondi circa) ed efficace possibile, per convincere gli altri, ma soprattutto per negoziare e trovare dei punti d’incontro con chi ha posizioni diverse, per unirsi nell’intento di trovare soluzioni concrete e che accomodino entrambi.

 

La comprensione dei testi, dei discorsi degli altri ragazzi e la prontezza nel rispondere incisivamente, lavorando per tutta la giornata, sono migliorate, giorno dopo giorno, in maniera considerevole. Importante è poi sottolineare l’importanza che ha giocato rappresentare uno stato, che non fosse il nostro, durante le simulazioni: ci è stato richiesto di metterci nei panni di una realtà differente dalla nostra, di portare avanti politiche e idee che a volte potevano anche andare contro alle nostre o a quelle del nostro stato di provenienza.

Questo ci ha insegnato ad immedesimarci in situazioni estranee, spogliarci degli abiti con cui vestiamo quotidianamente e indossarne di altri: abbiamo dovuto essere convinti delle nostre posizioni in quanto altrimenti non avremmo avuto incisività e quindi nulle possibilità di successo.

 

New York ci ha letteralmente lasciata senza fiato. Lo stile di vita frenetico, i monumenti e i luoghi storici più importanti, i mega schermi e i grattacieli senza fine ci hanno accompagnati nella conoscenza di ragazzi provenienti da diversi paesi: è importante in una tale esperienza e in una città tanto cosmopolita imparare a relazionarsi e a comprendere il diverso, lo sconosciuto.

Rimanere chiusi in sé stessi è impossibile, la tua mente si apre a visioni diverse, il bagaglio con cui torni a casa è ricco di immagini e idee più aperte, più numerose".

 

Questa la percezione di Daniele Barbaresco: "Durante le simulazioni ho potuto mettermi alla prova e confrontarmi con moltissimi ragazzi provenienti da 40 nazioni del mondo e sento che tale confronto con diverse culture e opinioni mi ha arricchito come persona ed è stato, a mio parere, l’aspetto più interessante del progetto.

Il momento più speciale della mia esperienza è stato a Central Park al tramonto, dove, dopo svariati giorni che mi trovavo a New York, ho preso davvero coscienza di dov’ero arrivato, perché prima mi sembrava un’illusione, come se la mia mente non riuscisse a concepirlo".

 
 

 


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