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23 aprile 2024

Montebelluna

Banche venete: dossier all'esame Intesa, pressing Mef

Gros-Pietro, aspettiamo condizioni; Cda pronti a scrivere a Bce

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Banche venete: dossier all'esame Intesa, pressing Mef

CASTELFRANCO/MONTEBELLUNA - L'operazione che dovrebbe salvare la Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca dal bail in fatica a scaldare i cuori, con il rischio di lasciare il 'cerino' nelle mani di Intesa e Unicredit, le due banche chiamate dal governo per scongiurare il bail in degli istituti veneti. Anche per questa ragione sarebbe partito dal Mef un nuovo pressing sul sistema bancario, per contribuire alla raccolta degli 1,2 miliardi di euro di capitali privati chiesti dalla Ue per ammettere le due banche agli aiuti di Stato. La 'moral suasion' - mentre contatti febbrili sono in corso a tutti i livelli, incluse Bce e Dg Comp - è in corso alla vigilia di un Cda molto delicato della Popolare di Vicenza.

 

Che in assenza delle risposte "precise e rapide" chieste nei giorni scorsi dal presidente Gianni Mion, potrebbe gettare la spugna e rimettere il destino della banca nelle mani della Bce, seguito a stretto giro di ruota da quello di Veneto Banca. Un modo con cui gli amministratori intendono tutelarsi di fronte allo stallo sulla ricapitalizzazione precauzionale che sta portando le due banche verso un coma irreversibile. A questo punto sarà Francoforte a valutare il da farsi alla luce delle condizioni precarie degli istituti e dell'assenza di impegni 'privati' per il loro salvataggio. Aprendo la strada all'ipotesi della risoluzione.

 

Oggi il dossier sarà esaminato dal Cda di Ca' de Sass. "Non è un tema all'ordine del giorno ma penso se ne parlerà", ha detto il presidente, Gian Maria Gros-Pietro. "Ogni decisione dipende dalle condizioni che saranno poste dalle autorità europee: la Commissione europea per quanto riguarda la concorrenza e la Bce per quanto riguarda la ricapitalizzazione". Senza sbilanciarsi sui tempi di un eventuale intervento ("Non si può sapere. Al momento, queste condizioni non sono note") Intesa e Unicredit vorrebbero avere da Dg Comp e Bce certezze sull'entità dell'intervento e sui rischi in termini di capitale. L'obiettivo di Carlo Messina e Jean Pierre Mustier, che ieri si è professato "ottimista", è costruire un'operazione di sistema con cui ripartire i costi del salvataggio.

 

Ma dai potenziali 'compagni di viaggio' sembrano arrivare soprattutto 'no grazie', come quelli di Ubi e Banco Bpm: "in questo momento stiamo risolvendo i compiti a casa nostra - ha detto il Ceo Giuseppe Castagna -. Francamente non ne so niente, non ci hanno mai convocati". Anche altre banche, da Bper a Mediobanca, sembrano non saperne nulla, mentre appare impraticabile un intervento di Cdp e Mps. Chi potrebbe essere chiamata a 'fare la sua parte' è invece Poste. Negative anche le risposte dal mondo delle fondazioni. "Non esiste, abbiamo già dato per la nostra banca. I soldi li metteranno i veneti", ha detto Giovanni Quaglia, presidente di Crt, azionista di Unicredit.

 

"Noi abbiamo già messo 538 milioni" ha ricordato il presidente dell'Acri, Giuseppe Guzzetti. Che confida in Messina, "ottimo a.d che sa sempre cosa fare ed è sempre positivo sugli interessi del Paese". Mentre sfuma l'opzione che Intesa e Unicredit rilevino una banca a testa - ipotesi che richiederebbe di capire anche quali sono le dta (crediti fiscali) che le venete si portano in dote - resta in campo quella di rifinanziare il Fondo di Tutela dei depositi interbancari, il cui cda si riunirà il prossimo 21 giugno.

 



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