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28 marzo 2024

Nord-Est

Bisogna conoscere la guerra per amare la pace

Alla sede del Comando della Brigata Julia il reduce Pasquale Corti racconta il dramma della ritirata di Russia

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Bisogna conoscere la guerra per amare la pace

UDINE - Rimarrà aperta fino al 4 novembre presso la sede del Comando della Brigata alpina “Julia” nella caserma Di Prampero a Udine la mostra fotografica “Gli alpini sul fronte russo 1942-1943 - Raccolta di foto di repertorio del Ten. Aldo Devoto e dal Ten. Roberto Cacchi”, ideata e curata dall’Artigliere alpino Pasquale Corti (in foto con il Ten. Col. Vittorio Mancini, ) e raccolta anche in un libro dal titolo “La disfatta”.

92 anni portati benissimo, Pasquale Corti da 25 anni gira l’Italia in lungo e in largo a sue spese con la mostra fotografica da lui ideata per raccontare, soprattutto ai ragazzi, la propria esperienza nella drammatica ritirata di Russia, dalla quale si salvò dopo aver percorso a piedi 500 km nella neve e nel gelo calzando, al posto delle scarpe, solo pochi stracci legati. Così, con gli occhi velati dalle lacrime e con la forza ed il coraggio proprio solo di chi ha attraversato prove e dolori che nessuno, tranne chi li ha vissuti, può neppur lontanamente capire, Pasquale Corti racconta delle temperature polari (anche 49° sotto lo zero), della feroce crudeltà degli ufficiali tedeschi, della stanchezza, dell’impreparazione e della follia di una campagna, quella russa, terminata nel peggiore dei modi per il Regio Esercito Italiano e per migliaia di soldati. “Siamo partiti in più di 60.000 alpini, ben 3 divisioni, 50.000 di questi non sono più tornati - spiega Pasquale Corti - l’equipaggiamento e l’armamento era ridicolo, 330 alpini avevano a disposizione 4 cannoni e qualche mulo, mentre ogni 20 russi c’erano 4 carri armati armati di mitragliatrici, sicchè noi, oltre a esser meno armati, contrariamente ai russi eravamo pure a piedi”.

E’ un lucido racconto dell’orrore quello che propone l’alpino Corti: “Durante la ritirata camminavamo anche per una settimana senza mangiare. E nonostante la fame andavamo avanti perchè sapevamo che per chi si fermava c’era in agguato la morte per congelamento. Eravamo cadaveri di 40 kg che camminavano ... chi camminava ancora”.

Ma c’è spazio anche per la speranza in questo racconto: la speranza che, grazie alla testimonianza di chi ha vissuto in prima persona certi eventi, le nuove generazioni non perdano la conoscenza e la consapevolezza di ciò che è stato. “Il nostro augurio ai giovani è che non succeda mai più - spera Pasquale Corti - bisogna conoscere la guerra per amare la pace”.



BDN

 


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