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28 marzo 2024

Ciclismo

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Il ciclista gentiluomo

Intervista esclusiva per Oggi Treviso al ciclista Pro Davide Cimolai, reduce dall'europeo di Glasgow. La sua azione nel finale aveva permesso a Trentin di vincere l'oro

| Alberta Bellussi |

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| Alberta Bellussi |

Davide Cimolai

TREVISO - Davide Cimolai, ciclista professionista, è reduce dalla bellissima prestazione agli Europei di Glasgow, i primi di agosto.

A 10 km dall’arrivo, in quella gara molto animata, dove Sagan, dato per favorito è stato costretto al ritiro, e una clamorosa caduta causata dalla pioggia battente per Lammertink ha distrutto il gruppetto davanti davanti; sono rimasti Trentin, Van der Poel, Van Aert, Herrada ed un rientrante e strepitoso Cimolai.

Ultimi 5 chilometri di estremo sacrificio per Cimolai che si mette in testa a guidare il gruppo, con Trentin alla sua ruota.

La volata parte a 250 metri dal traguardo e Trentin, velocista della Mitchelton-SCOTT la approccia davanti e riesce a resistere alla rimonta di Van der Poel e Van Aert, ma soprattutto grazie alla volata generosa e perfetta di Davide Cimolai che porta Trentin ad essere il nuovo Re d’Europa.


Avresti potuto essere tu il re d’Europa ci pensi mai?

"Dentro di me sapevo di essere il più veloce sulla carta poi in un percorso così impegnativo ci sono mille varianti. Ma la sera prima ci erano stati assegnati dei i ruoli predefiniti; si sapeva che i capitani erano 3: Viviani in volata, Trentin e Colbrelli che si dovevano muovere in caso di attacco degli avversari. Quando mi sono trovato in fuga con Trentin, pur sapendo che avrei potuto farcela, ho rispettato il ruolo che mi è stato assegnato perché io sono sempre stato un ciclista corretto.

Ho fatto quello che sentivo di fare ne ritenevo giusto, tutto ciò rispecchia la mia personalità. Anche perché credo che il rispetto dei ruoli che ti assegnano sia, sicuramente, uno dei valori più importanti per guadagnarsi la fiducia sia delle squadre che della Nazionale.

Per vincere senza crear problemi a nessuno, l’unica maniera per farlo era arrivare da solo, avrei avuto anche il benestare della squadra. Sapevo che avevo molta energia nelle gambe e nel fisico in quella gara e ho provato ad attaccare due volte; sfortuna ha voluto che mi sono venuti a riprendere.

Se posso avere un rimpianto è quello che il primo attacco l’ho fatto giusto poi mi hanno ripreso; il secondo attacco potevo giocarmelo meglio. Però tornassi indietro rifarei tutto quello che ho fatto anche, se in cuor mio, speravo venisse premiato e apprezzato in modo diverso perché erano anni che non si vedeva un gesto di altruismo del genere però io sono così".

In 9 anni di professionismo il filo conduttore della tua carriera è, comunque, quello di essere un ciclista generoso e galantuomo paga questo?

"Non sempre questo valore viene riconosciuto nel giusto modo ma alla fine io sono felice. Credo che chi fa sport a livello professionistico debba anche insegnare i valori quelli veri dello sport che sono: altruismo, spirito di squadra, rispetto dei ruoli e impegno costante. Sono un gregario forte che svolge al meglio il suo compito ma ho anche dimostrato di poter vincere belle corse".



Quali sono le corse che hai vinto che ti hanno dato più soddisfazione?

"La tappa Parigi- Nizza perché ho battuto i veri campioni. 8° alla Milano- Sanremo che è la corsa dei miei sogni. Perché è in Italia, perché si adatta alle mie caratteristiche e perché è la prima gara importante dell’anno.

Con la Groupama-FDJ, squadra francese con cui ora finisco il contratto, ho sempre lavorato per il mio capitano e l’unica volta che ho avuto il via libera per partire ho vinto, lo scorso anno, la 1ª tappa del Giro di Catalunya.

L’Europeo è la corsa che mi ha dato più emozioni, in questo anno, e mi sono allenato da solo a Livigno; li ho trovato anche Trentin.

Le emozioni sono adrenalina. All’Europeo non sono consentite le radioline e questo permette molto all’intelligenza del ciclista di uscire anche se dal lato più praticolo le radioline aiutano molto nelle difficoltà come le forature eccetera".

Ciclista preferito?

"Non ho un idolo. Quando ero piccolo vedevo Pantani ma non capivo. Ora, invece, vedo le sue corse e mi emoziono. Adesso abbiamo una grande fortuna ad avere un ciclista come Sagan; fa sembrare facile quello che facile non è affatto; è geniale ma credo che lui sarebbe un leader in qualsiasi sport. Ho ammirato tantissimo Contador per il suo modo di correre. Devo ammettere che quando ho corso con Lance Amstrong è stata una grande emozione perché tutti sappiamo, che nonostante le polemiche, era davvero uno fuoriclasse".

Quando hai iniziato a fare professionismo?

"Ho iniziato molto presto a fare professionismo 2 anni alla Marchiol: ero giovane e, nei primi anni, mi mancava una persona di riferimento e un po’ ho faticato. Il salto al professionismo è duro ma poi le difficoltà servono per affrontare al meglio il futuro.

In Liquigas ero in una squadra con Sagan, Viviani, Basso, Pelizzotti che erano già leader. In Lampre ho lavorato per Petacchi.

E’ molto importante avere chiaro il ruolo che si ha in una squadra, da subito, allora si può correre in modo più sereno".

Quanti anni ti dai ancora di professionismo?

"Si è allungata molto la carriera ciclistica si arriva a correre fino a 40 anni e io sono ancora motivato e pieno di energia per affrontare il futuro".

La stabilità affettiva e la serenità interiore aiutano nella carriera?

"A me ha aiutato sia nella carriera che nella vita. Avere la serenità affettiva è un grandissimo valore. Avere una ragazza che condivide la tua passione e ti sta accanto aiuta e fa stare bene. Porto il tatuaggio con il nome Greta, ragazza, conosciuta qualche anno fa dal parrucchiere e che il 20 ottobre porterò all’altare".

 

Alberta Bellussi

 

 



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Alberta Bellussi
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