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19 aprile 2024

Valdobbiadene Pieve di Soligo

COLLINE DEL PROSECCO PATRIMONIO DELL'UNESCO? IL SI DEGLI AMBIENTALISTI

La proposta lanciata da Zaia convince pure gli ambientalisti

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COLLINE DEL PROSECCO PATRIMONIO DELL'UNESCO? IL SI DEGLI AMBIENTALISTI

Valdobbiadene - Si sono battuti (pacificamente) per fermare lo scempio ambientale che, negli ultimi anni, non ha risparmiato nemmeno la cornice di colli che puntella l’Alta Marca.  Ora anche la “politica” s’è messa ad ascoltarli. Loro, gli “urlatori”, sono gli ambientalisti. Che di fronte alla proposta di Luca Zaia di far diventare le Colline del Prosecco patrimonio dell’Unesco, dicono sì, sì, sì Senza ma.
Sentiamo l’opinione di Luciano De Biasi, voce della Vallata. Anzi: della Valsana.

Luciano De Biasi come hai preso la proposta di Zaia di far diventare colline del prosecco patrimonio Unesco?

Vi è un sentire diffuso in merito alla necessità di preservare le zone caratteristiche di produzione del prosecco. In particolare le dorsali moreniche che parallelamente si snodano una da Santo Stefano-Saccol fino a Rolle-Arfanta e l’altra da Colbertaldo-Col S.Martino fino a Refrontolo passando per Collagù hanno peculiarità che le rendono uniche  e riconoscibili soprattutto per la presenza di vigneti terrazzati posti su acclivi in forte pendenza. La domanda di vino di “qualità” sta diventando sempre più evoluta e la percezione di eccellenza di un prodotto agro-alimentare si ha quando esso viene strettamente correlato alle specificità del territorio dal quale proviene.  Il paesaggio diventa quindi un elemento imprescindibile della “qualità” intrinseca del vino prosecco DOC che il consumatore / turista riconosce ed è disposto a “pagare”. Promuovere a “patrimonio dell’intera umanità” il risultato del lavoro fin qui svolto da varie generazioni è un riconoscimento ed un premio alle loro fatiche.


Il territorio collinare, unico nel suo genere, può tornare ad avere la bellezza e la naturalezza che lo caratterizzavano prima di interventi laceranti?

Nelle nostre colline siamo ancora di fronte a spazi dotati di una forte e ben leggibile identità storica, al contrario di altri spazi in pianura dove i segni del passato sono stati quasi completamente cancellati come nella cosiddetta “città diffusa”. Ma nei tempi recenti si notano cattivi segnali. La ricerca di una “meccanizzazione” delle lavorazioni dei vigneti in collina sta portando a lavorazioni eccessive dei suoli. Stiamo assistendo a sbancamenti pesanti.


Quali sono le regole fondamentali per la conservazione del paesaggio?

In queste zone pregiate bisogna dedicare particolare attenzione alle sistemazioni idraulico-agrarie, disponendo adeguate reti ecologiche che seguano e sottolineino elementi paesaggistici come strade, fossi, scarpate, alberature, … Si deve preservare l’equilibrio fra la quantità di suolo agrario perso per l’azione della pioggia e quello riformato per processi naturali. Si calcola che pesanti lavorazioni eseguite nei vigneti in pendio producano la perdita sia di 5/6 ton./anno per ettaro di terreno che possono diventare facilmente 100/200 ton./anno nel caso di sistemazioni orientate lungo le linee di massima pendenza.  Inoltre le valutazioni economiche dei costi-benefici devono travalicare il confine della mera produzione agricola. E’ stato calcolato che il lavoro umano in questi vigneti è pari a 500 giornate/uomo per ettaro contro le 100 giornate uomo nei vigneti che possono essere lavorati meccanicamente. E’ evidente quindi che non bastano le targhe, i diplomi o riconoscimenti vari quando il lavoro dell’uomo è determinante per la conservazione del paesaggio e dell’insieme di valori e di significati che ne costituiscono la “bellezza”.

 


a cura di Emanuela Da Ros

 

 


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