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28 marzo 2024

Esteri

"Fb ha fatto vedere dati utenti a 150 aziende"

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Facebook per anni ha consentito a circa 150 aziende, comprese alcune di primissimo piano, di accedere ai dati dei suoi utenti. E' quanto scrive il 'New York Times' in un nuovo articolo che pone il social, creato da Mark Zuckerberg, sul banco degli imputati. Facebook, afferma il quotidiano, in un quadro simile ha aumentato il numero dei propri user e soprattutto ha visto aumentare le entrate pubblicitarie.

I partner hanno acquisito informazioni utili per rendere i propri prodotti più appetibili. Facebook, secondo il 'New York Times', avrebbe permesso a Bing - motore di ricerca di Microsoft - di accedere ai nomi degli amici degli utenti del social network senza alcuna autorizzazione. Netflix e Spotify, invece, sarebbero addirittura riusciti a leggere messaggi privati degli user. Ad Amazon - afferma il Nyt - sarebbe stato consentito di ottenere nominativi e altre informazioni.

Il dossier a cui fa riferimento il 'New York Times' comprende documenti, elaborati all'interno di Facebook nel 2017, e interviste con circa 50 ex dipendenti del colosso di Zuckerberg. La vicenda pone dubbi sulla condotta della compagnia anche in relazione all'accordo siglato nel 2011 con la Federal Trade Commission per garantire il corretto trattamento dei dati personali e scongiurarne la condivisione in assenza di esplicite autorizzazioni.

l quotidiano riporta anche le parole di Steve Satterfield, responsabile del settore privacy e public policy di Facebook. Il dirigente spiega che nessuno, tra gli accordi di partnership, ha violato la privacy degli utenti o l'accordo con la FTC. I contratti hanno imposto ai partner il rispetto delle policy di Facebook. "Sappiamo -dice- che dobbiamo lavorare per riconquistare la fiducia delle persone. La protezione delle informazioni" personali "richiede team più forti, tecnologia migliore e policy più chiare. Su questo ci siamo concentrati per gran parte del 2018". Facebook, inoltre, non ha individuato alcun abuso attribuibile ai suoi partner, come ha spiegato una portavoce del social network. Il New York Times, inoltre, riferisce che alcune aziende - in particolare Amazon, Microsoft e Yahoo - hanno reso noto di aver utilizzato i dati in maniera appropriata. 

REPLICA FB - "Nessuna partnership ha dato alle compagnie un accesso ad informazioni senza l'autorizzazione delle persone". Facebook, con un lungo post pubblicato sul proprio blog, si esprime così in relazione all'articolo del 'NYT. I partner, si spiega, "avevano bisogno dell'autorizzazione delle persone". Per gli utenti "era necessario accedere all'account di Facebook per usufruire delle integrazioni offerte" dalle aziende. In virtù delle partnership, "le persone potevano accedere ai loro account Facebook o a specifiche funzionalità di Facebook su dispositivi e piattaforme costruiti da altre società come Apple, Amazon, Blackberry e Yahoo. Questi sono noti come 'integration partner'", spiega il social network. 

NETFLIX - Da parte sua, Netflix fa sapere che "negli anni abbiamo sperimentato diversi modi per rendere Netflix più social", informa la piattaforma di streaming. "Un esempio di questi, è la funzione lanciata nel 2014 che permetteva agli utenti di suggerire serie e film ai loro amici di Facebook attraverso Messenger o Netflix. La funzione però non è stata popolare e l'abbiamo eliminata nel 2015. In nessun momento abbiamo avuto accesso ai messaggi privati delle persone su Facebook o richiesto la possibilità di farlo".

ALTROCONSUMO - L'associazione dei consumatori Altroconsumo ha scritto immediatamente al Garante per la protezione dati personali chiedendo che si faccia luce sull'eventuale condivisione di dati, "senza adeguata informazione verso i consumatori su modalità e finalità di utilizzo". Altroconsumo, si legge ancora, "ha scritto alle società citate nell'indagine per chiedere chiarimenti sugli italiani coinvolti e sul persistere di pratiche illecite di condivisione dati con Facebook. E' il modello di business in discussione, non si tratta più di singole falle, né di comportamenti inaccurati".

 

 



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