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20 aprile 2024

Treviso

Gli artigli della Camorra anche nella Marca: 5 arresti nella provincia di Treviso

Coinvolte anche altre persone a Ponzano, Oderzo, Treviso, Preganziol e Mogliano

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Gli artigli della Camorra anche nella Marca: 5 arresti nella provincia di Treviso

TREVISO - 50 arresti per Camorra: è l’esito dell’inchiesta della Dda di Venezia e della Guardia di Finanza di Trieste. Tra i filoni d'indagine anche l'ipotesi di rapporti con la politica e il voto di scambio, in particolare in rapporto con il clan dei Casalesi. Il blitz è scattato tra le 4.00 e le 5.00 del 20 febbraio, con i primi arresti.

 

Tutto sarebbe ruotato attorno al mondo dell'edilizia legato alle costruzioni lungo la costa adriatica veneziana, da San Donà di Piave a Bibione, Caorle e oltre. I 50 arrestati sono stati trasferiti in penitenziari di tutta Italia, in particolare nell'Italia centrale. Cinque arresti sono stati eseguiti anche nelle Marca: si tratta di persone di Quinto di Treviso, Vazzola, Zero Branco, Ponte di Piave e Salgareda.

 

Coinvolte anche altre persone a Ponzano, Oderzo, Treviso, Preganziol e Mogliano. "Questa operazione per la prima volta ha accertato la presenza della criminalità organizzata strutturata nel territorio veneto, profondamente penetrata nel settore economico e bancario". Lo ha detto il procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi.

 

"Questi sono aspetti - ha aggiunto - che devono far riflettere tutti noi ma anche la comunità veneta e del Nordest, sui pericoli che a questo punto sono fatti accertati, per evitare che anche queste regioni diventino sede stabile della criminalità organizzata". "Con questa indagine - ha precisato Cherchi - abbiamo individuato gravi indizi di un inserimento non casuale o marginale, ma stabile in attività produttive e anche nel controllo del territorio, secondo caratteristiche tipiche della criminalità organizzata. Si è trasferito in questa zona del Veneto un controllo del territorio che di norma non era stato ancora accertato in questi termini".

 

Per il magistrato "anche molti locali ed esercenti pubblici garantivano la presenza della criminalità organizzata, che dava garanzie di stabilità". L'attività del sodalizio criminale si declinava "nella commissione di svariati delitti, dal riciclaggio all'usura, alle rapine, e soprattutto - ha puntualizzato il procuratore - un'attività estorsiva che passava attraverso l'organizzazione di strutture societarie che venivano create con l'obiettivo di farle fallire, lasciando i soggetti entrati in contatto nelle condizioni di creditori insolventi. Questa attività non era disgiunta dalle più classiche attività dello spaccio di sostanze stupefacenti, della gestione della prostituzione, dell'introduzione di lavoratori in maniera illegale nelle imprese. Soggetti locali non solo conoscevano questa situazione ma vi hanno partecipato. Da un momento iniziale nel quale erano vittime dell'inserimento dei soggetti in attività di usura, successivamente - ha concluso - vi era un accordo che ha reso più facile l'inserimento dell'attività criminale camorristica".

 



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