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28 marzo 2024

Vittorio Veneto

Ieri l'Amleto di Lella Costa al Teatro Da Ponte

"Esplodere o implodere?"

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“Esplodere o implodere”. E’ così che inizia il brillante Amleto che Lella Costa ha portato in scena ieri sera al Teatro Lorenzo Da Ponte di Vittorio Veneto, con un brano de “Le cosmicomiche” di Calvino che traduce il celebre “essere o non essere” shakespeariano.

Dall’inizio, dunque, è chiaro l’intento dell’attrice che firma il testo con Giorgio Gallione (già regista) e Massimo Cirri: trasportare i temi dell’opera, la follia, la guerra, la politica, il dramma familiare, nell’attualità (italiana e internazionale) e condurre lo spettatore a riflettere sul loro significato, alternando il testo originale a divagazioni, approfondimenti, citazioni da autori contemporanei e dall’opera danese di origine medievale di cui Shakespeare avrebbe fatto il remake.

Lella Costa, da sola sul palcoscenico, accompagnata dalle musiche di Stefano Bollani, porta in scena le vicende di un fool, di un pazzo o di un buffone, reale o finto, di cui si narra già in epoche antichissime e che richiama alla mente mille altri amleto possibili. Viene amplificato anche il punto di vista femminile, con la follia di Ofelia, alla quale nessuno sta vicino quando manifesta i segni del suo dolore.

Essenziale la scenografia di Guido Fiorato, in legno e terra: come ai tempi di Shakespeare non serve di più per evocare il buio, il castello, la foresta. Sacchi di mele rosse versate a terra bastano a rappresentare i fiumi di sangue del tragico finale, quando Lella Costa diventa Orazio, l’unico che potrà raccontare a Fortebraccio, di ritorno dalla vittoria in Polonia, l’accaduto.

L’attrice milanese, cambiando spesso registro e passando dall’ironico al tragico al malinconico, delinea perfettamente i caratteri dei personaggi, le loro debolezze, e si concentra in modo particolare sul quel monologo, quello per cui Amleto è famoso tanto da essere posizionato al quinto posto di una recente classifica americana dei dieci miti dell’immaginario di tutti i tempi. Un quesito, quello dell’essere o non essere, che incontriamo tutti nella vita di ogni giorno, nelle più banali situazioni (“lo chiamo o non lo chiamo?”), nella guerra.

Ed è proprio sul significato della guerra e della pace, con la speranza di un mondo migliore, che l’attrice saluta il suo pubblico: “...vedo la morte imminente di ventimila uomini che per un sogno, per un capriccio dell’onore vanno alla tomba come a letto, e combattono per un palmo di terra che non basterà nemmeno a seppellirli”. Una frase scritta nel 1600 ma che risuona più che mai attuale.

Cinzia Agrizzi

 


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