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20 aprile 2024

Nord-Est

Infermiera dà morfina a neonato: "E' un bimbo rognoso"

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Infermiera dà morfina a neonato:

VERONA - Una dose di morfina somministrata, forse per placare il suo pianto, a un neonato nato prematuro che, dopo un mese di ospedale, stava per essere dimesso. E' l'accusa che ha portato all'arresto di una infermiera di 43 anni, residente nel veronese, madre di tre figli e descritta dai colleghi come brava, competente, molto esperta e amante di bambini.

 

Una accusa per lesioni aggravate e cessione di sostanza stupefacente che ha portato in carcere una donna che avrebbe definito il neonato "rognoso" mentre lo teneva tra le braccia; una operatrice della sanità su cui si allunga l'ombra del sospetto, sulla base di una confidenza, di altri casi di uso di morfina e benzodiazepina, pur in assenza di prescrizione, su altri piccoli pazienti per farli stare tranquilli.

 

A tradirla, secondo l'ipotesi d'accusa, il fatto che quando il bimbo era in arresto respiratorio avrebbe detto ai medici l'esatto dosaggio dei medicinali da somministrare, tra cui un antimorfina. Una indicazione che l'ha salvato. Gli agenti della squadra mobile della Questura di Verona le hanno notificato il provvedimento di custodia cautelare in carcere, emesso dal Gip Livia Magri su richiesta del Pm scaligero Elvira Vitulli, nel suo giorno di riposo.

 

L'arresto è arrivato dopo mesi di indagini, dopo che dalla direzione del nosocomio veronese, a conclusione di una indagine interna, era stata inoltrata alla procura una denuncia contro ignoti. E' la notte tra il 19 e il 20 marzo scorso, all'interno del reparto di terapia intensiva neonatale ospedale Borgo Roma, quando senza un apparente motivo le condizioni di un neonato si aggravano.

 

E' in un lettino del box 1, quello riservato ai piccoli in buone condizioni di salute e pronti ad essere dimessi. Inspiegabilmente, non riesce più a respirare. Il personale interviene subito, lo portano in una stanza di cura intensiva, scattano le procedure per rianimarlo.

 

"Quando l'equipe medica, considerata di elevatissimo livello professionale - ha detto il dirigente della squadra mobile Roberto Di Benedetto - ha notato l'aggravamento ed era in difficoltà a comprenderne le ragioni, è improvvisamente apparsa sulla scena l'infermiera". In quel momento, la donna - secondo quanto emerso dalle indagini - ha chiesto che venisse somministrato al piccolo un farmaco antagonista agli oppiacei.

 

Immediatamente dopo, il paziente è tornato a respirare normalmente.

 

"Nei giorni successivi - fa sapere l'azienda ospedaliera universitaria scaligera - il piccolo si è mantenuto in condizioni stabili ed è stato dimesso in pieno benessere". Gli investigatori hanno ricostruito un quadro accusatorio sulla base di indizi concordanti. Lei non ha fatto alcun tipo di ammissione, ma la polizia parla di fatti circostanziati che porterebbe a lei. Il primo indizio, il fatto che quella sera erano solo due le infermiere ad accudire il neonato.

 

Quando la collega l'ha lasciata sola per pochi minuti, verso le 21, al ritorno l'ha notata con il bimbo, con il ciuccio in bocca, in braccio. E la somministrazione della droga sarebbe avvenuta per "via orale o nasale e non endovenosa" come ha spiegato Di Benedetto.

 

Il secondo indizio, che l'unica infermiera che aveva "movimentato" la morfina era stata la donna poi arrestata e che sempre lei aveva indicato allo staff medico come intervenire per "risolvere" i problemi derivanti dall'aggravarsi del neonato.

 



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