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25 aprile 2024

L'agricoltore può tornare ad essere custode dell'ambiente?

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Alberta Bellussi | commenti |

L'agricoltore può tornare a essere custode dell'ambiente?

L’agricoltore, un tempo, era ritenuto il custode dell’ambiente e del territorio c’è ancora tempo per tornare a tutto ciò?

Ai convegni delle  Fiere di Santa Lucia, quest’anno, si sono trattati dei temi di grande interesse e attualità riguardante presente e   futuro del mondo agricolo.

Due i convegni molto interessanti il primo “Fitosanitari e salute” dove sono stati esposti i dati delle analisi eseguite sulla viticoltura, prodotti fitosanitari e salute della popolazione.

Esposizione ai ditiocarbammati  negli abitanti delle zone viticole non professionalmente esposti dell’ULSS 7 del Veneto: uno studio pilota  2012-2014.

Gli elementi che influiscono in modo statisticamente significativo sui livelli di ETU (l’esposizione ai ditiocarbammati è rilevabile tramite la misurazione di dose interna con l’indicatore biologico etilentiourea nell’urina ) sono la distanza dell’abitazione a meno di 30 metri dal vigneto e i trattamenti con prodotti fitosanitari effettuati in tempi recenti nel proprio orto ma le rilevazioni non sembrano essere preoccupanti anzi in diminuzione.  La diminuzione di questi livelli è legata a molteplici azioni , ma fra queste hanno un ruolo anche gli interventi di sanità pubblica attivati dopo la presentazione, nel 2013, dei risultati della prima fase dell’indagine. Che sono:

1)    Maggior attenzione nel far rispettare il Regolamento Intercomunale di Polizia Rurale da parte dei Comuni della DOCG (art. 9 distanze dei vigneti e dei trattamenti da case e luoghi sensibili, come le scuole).

2)    Comune di San Pietro di Feletto nel 2013 vieta l’uso dei prodotti fitosanitari nocivi con frasi di rischio che fanno riferimento ad effetti cronici, tra i quali il mancozeb, che ha la frase di rischio R63 (possibile rischio di danni ai bambini non ancora nati).

3)    Entro il febbraio 2016 anche gli altri Comuni della DOCG hanno man mano adottato gli stessi divieti nei propri Regolamenti di Polizia Rurale.

4)     Ricaduta mediatica dell’indagine dell’ULSS 7la ricaduta su stampa e TV locali è stata  molto incisiva, con decine di articoli e trasmissioni dedicate all’argomento e circa trenta incontri e dibattiti sul tema organizzati dall’agosto 2013 in poi nel territorio dai vari Comuni, dalle associazioni ambientaliste e da quelle degli agricoltori, con il coinvolgimento di operatori del Dipartimento di Prevenzione.

5)    Per quanto riguarda i soggetti che avevano superato i 5 µg/l di ETU a giugno 2012, il Dipartimento, trasmettendo i risultati, ha fornito indicazioni per ridurre l’esposizione a ditiocarbammati.

E’ verosimile che l’insieme di questi interventi abbia indotto gli agricoltori in generale a una maggior attenzione e ad un uso più corretto dei prodotti fitosanitari nei trattamenti della vite, e nello specifico alla riduzione dell’utilizzo del mancozeb.  Nel contempo la popolazione non professionalmente esposta ha controllato più strettamente l’uso corretto dei prodotti fitosanitari da parte degli agricoltori confinanti, e ha ridotto le occasioni di contaminazioni domestiche con ditiocarbammati, in particolare quella derivante dal consumo di ortaggi dell’orto domestico, specialmente pomodori, trattati con questi antifungini. (dati presi dagli atti del Convegno)

Nel secondo convegno si è parlato di  agricoltura di precisione che è forse la vera nuova chance per tornare a conciliare la figura dell’agricoltore  con l’ambiente; questo tipo di agricoltura si basa su una serie di metodologie, analisi, processi, per la gestione specifica dei sistemi colturali. Che in pratica significa: considerare i sistemi colturali non come grandi insiemi ma come piccole entità con comportamenti diversi. Un vigneto o un campo di mais, soprattutto se sono molto estesi, non sono un'unica entità ma la somma di tanti piccoli appezzamenti coltivati con la stessa coltura. In uno stesso campo possiamo trovare condizioni di suolo, meteorologiche, di esposizione solare, di topografia anche molto differenti tra loro.  Ma anche interventi mirati a una maggiore sostenibilità delle coltivazioni pur avendo come fine la resa agricola, e di conseguenza dei profitti. Se devo usare fertilizzanti o pesticidi, per esempio, posso farlo secondo le reali necessità delle piante, non in base a delle stime. È la coltivazione stessa a dirmi di cosa ha bisogno. Persino la singola pianta. Posso così evitare trattamenti inutili, che possono rivelarsi dannosi e inquinanti, e ridurre i costi. In primo luogo essa monitora le diverse aree con tecnologie innovative: sensori a terra, stazioni meteorologiche, sensori di caratterizzazione del suolo e vari strumenti di telerilevamento, come immagini satellitari o immagini scattate in volo da droni.

Aumentare la sostenibilità del modello agricolo italiano attraverso l'innovazione è   una delle sfide più importanti dei prossimi anni per consentire all'Italia di avere produzioni agricole di qualità, mantenere il primato di biodiversità che ci contraddistingue e farsì che l’agricoltore ritorni custode dell’ambiente.

In allegato l'intervista alle Fiere di Santa Lucia su questo argomento. https://www.youtube.com/watch?v=UITXGkF47L8



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