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18 aprile 2024

Le fuische dove andranno?

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Alberta Bellussi | commenti |

Dove andranno le fuische?

 

Anche quest’anno si ripresenta il problema dei Panevin… e come ogni anno purtroppo accade sempre in un momento di poche piogge e di concentrazioni di Pm10 elevate.

Che fare?

Che i falò inquinino è un dato di fatto.

Da un pò di anni le rilevazioni dell’aria dell’ARPAV, dopo la sera della Befana su tutta la provincia di Treviso, mostrano un incremento preoccupante di polveri sottili (Pm10) in atmosfera. Vero è che è anche uno dei pochi momenti nei quali ci vengono forniti dati oggettivi dell’aria e dell’inquinamento.

E in questo periodo riparte la polemica di varie associazioni  sulla necessità di accendere il falò.

Le considerazioni da fare sono varie e anche molto oneste e poco ipocrite.

Ogni anno il primo gennaio inizia il solito cerimoniale, come se i Panevin fossero la causa di tutti i mali ma è davvero così?

Se vivessimo una situazione normale, due giorni di smog non sarebbero la fine del mondo ma invece viviamo in una costante emergenza polveri che viene acuita dai falò dell’Epifania. Ma non facciamone un alibi; sono davvero molte le iniziative da prendere per la diminuzione del PM1o.

 Sembra che l’aria sia inquinata solo per il Panevin...in realtà c’è un informativa Arpav che  evidenzia tra i suggerimenti per la salvaguardia della salute e il contenimento delle emissioni di particolato l’invito  a non bruciare sfalci, potature e altri residui agricoli perché   all’aperto le condizioni di combustione non ottimali provocano, ancora di più, la formazione di polveri e altri composti tossici come il benzo (a)pirene; però è un invito non un divieto. In realtà si possono bruciare pire di un metro quadro di sfalci allora è un pò un cane che si morde la coda…Il vero dramma è che la politica nazionale, parla parla, ma  non si investe in una mobilità verde, non si investe in politiche  di abbattimento delle emissioni con interventi  più seri e concreti; si prende una via poi per strada si cambiano finalità e obiettivi. Come sempre alle parole non seguono mai fatti concreti come invece accade negli stati del Nord  Europa.

Io tifo sempre per l’ambiente ma sono anche per mantenere le tradizioni.

L’Arpav ha invitato le amministrazioni a ridurre di numero di pire e la grandezza nella speranza di ridurne l’impatto e così potremo vedere dove vanno le faville.

Credo la via da seguire sia quella del buon senso per permettere a una tradizione di rimanere viva pur cercando di non recare ulteriori danni all’ambiente.

Molti ricordi mi legano alle bellissime feste attorno al panevin, ai canti, ai momenti gioviali e perché no, anche all’attesa impaziente  della divinazione che dopo l’accensione usciva da quel falò per l’anno nuovo. Una sorta di rito tra il pagano e il cristiano che in me ha sempre suscitato molto fascino.

 

La tradizione del Panevin fonda, infatti,  le sue radici nel lontano periodo celtico (circa V sec. A.C.) presso l'antico popolo dei Veneti. 

Questo falò serviva per evocare il ritorno del sole sulla terra, cioè l'allungarsi delle giornate che inizia dal solstizio d'inverno. Il fuoco serviva per celebrare questo giorno che con il calendario Giuliano coincideva con il 25 dicembre.  Nel Medioevo, con l'evangelizzazione delle campagne venete, il Panevin assunse una connotazione cristiana e fu  spostato al giorno dell'Epifania per ricordare i Re Magi che portarono i doni a Gesù Bambino. Secondo la leggenda i falò della campagna veneta furono loro utili per trovare la via di Betlemme essendosi persi.  Al  ritorno, racconta sempre la leggenda, non vedendo nessuna luce nella campagna, si persero nuovamente nella pianura Padana andando a morire nel Milanese. Nella notte del 5 gennaio nel Medioevo, come anche oggi, l'occasione del falò forniva al popolo un momento di unione e ritrovo con tutta la comunità cittadina davanti a pinza e brulè aspettando con ansia la divinazione per l’anno nuovo che il fuoco dava.

Una delle principali tradizioni legate al Panevin, infatti,  è quella di osservare in che direzione va il fumo; in base a questa, i contadini trevigiani predicevano se il raccolto dell'annata sarebbe stato buono o cattivo Questo momento è detto dei "pronosteghi” e quelle che appartengono alla mia tradizione sono le seguenti anche se esistono molte altre versioni.

"se le fuische le va a matina, ciol su el saco e va a farina" (cioè se la direzione presa dal fumo e dalle faville è il nord o l'est, prendi il sacco e vai ad elemosinare)

"se le fiusche  le va a sera,  polenta pien caliera" (se la direzione è ovest o sud, il raccolto sarà buono...quindi la pentola sarà piena di polenta)

E speriamo che dopo anni di magra e di tristezza  quest’anno le fuische le vae verso sera …..

 



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