20/04/2024poco nuvoloso

21/04/2024poco nuvoloso

22/04/2024nubi sparse

20 aprile 2024

Conegliano

L'OMOSESSUALITÀ? MI E' COSTATA UN FOLLE INSEGUIMENTO IN AUTO

Manuela Familiari, donna che ama una donna, racconta la sua storia

| |

| |

L'OMOSESSUALITÀ? MI E' COSTATA UN FOLLE INSEGUIMENTO IN AUTO

 CONEGLIANO - Lavora alla pompa di benzina, cioè fa un lavoro come un altro. E vive sulle colline di Conegliano con una donna, cioè ha una relazione come un’altra. O quasi. Il quasi ci vuole, perché chi lavora alla pompa di benzina e vive con una donna è una donna. E questo cambia un po’ le cose. O no?

“Fino a una ventina d’anni fa – racconta Manuela Familiari, la protagonista di questa storia – fare la benzinaia non era da tutti. Non era un lavoro buono per entrambi i sessi. Era un lavoro da maschi. E quando un cliente veniva al distributore (Manuela lavora sull’A27), dopo avermi squadrata un po’, chiedeva dubbioso: Ma è lei che mi cambia l’olio? L’auto, così come la squadra di calcio, fino a qualche anno fa nell’aspettativa sociale erano simboli maschili. O meglio: maschilisti. Poi c’è stato un lento, progressivo cambiamento: ora il tifo è anche femminile. E il motore lo può toccare una donna. Ma se una donna ama un’altra donna, il pregiudizio resiste. Il cambiamento, nella percezione dell’amore omosessuale, deve ancora avvenire”.

Manuela Familiari ha 41 anni, i capelli biondi, gli occhi verdi. E un fisico asciutto, atletico. Da ex calciatrice professionista. E’ stata lei a voler raccontare un piccolo pezzo della sua storia. Perché è convinta che raccontando, anche le violenze e le vessazioni subite, il mondo possa finalmente schiudere gli occhi. E vedere che quello che può sembrare strano perché ci hanno detto che è estraneo, è naturale e normale. Come la variegata realtà della vita.

“In questo momento – è Manuela che parla – sono serena. Abito sulle colline di Conegliano con la mia compagna, in un borgo piccolo dove la nostra relazione è vista con simpatia. I vicini di casa, i piccoli commercianti ci accolgono col sorriso. Hanno instaurato con noi un rapporto di amicizia. Sì, siamo probabilmente l’unica coppia omosessuale della piccola frazione, ma poiché la gente ci conosce, non ha nessun pregiudizio nei nostri confronti. Nessuna distanza forzata da mantenere: siamo due donne come tutte le altre donne. Due donne che si amano. E il rispetto sta dentro la partitura della nostra vita, dei nostri gesti quotidiani.” Ma per arrivare a questo, Manuela, con un’amarezza che probabilmente le rimarrà sempre nel cuore, racconta quanto ha dovuto lottare. E fuggire.

“Vent’anni fa avevo un fidanzato. Un ragazzo geloso, possessivo. Con cui coltivavo un rapporto stanco, senza stimoli, senza felicità. A un certo punto, ho incontrato una ragazza. E mi sono innamorata di lei. Il mio fidanzato lo ha saputo e ha deciso di farmi del male con l’arma più micidiale che possedeva: la parola, anzi le chiacchiere. E’ andato a raccontare tutto ai miei genitori.” Manuela, che allora viveva a Treviso, presso una famiglia borghese, di cultura medio alta, si è trovata di fronte un muro d’incomprensione. I genitori non solo sono rimasti sconvolti dalla rivelazione dell’ex fidanzato, ma hanno cercato di impedirle di vedere la ragazza con cui aveva un legame.

“Ricordo con terrore – dice Manuela – che una sera sono sgattaiolata fuori casa e mio padre e il mio ex fidanzato hanno rincorso in auto me e la mia compagna. Per chilometri e chilometri c’è stato un inseguimento: l’auto di mio padre mi seguiva impazzita, ignorando semafori e limiti di velocità. E quando finalmente sono riuscita a lasciare indietro la macchina di mio padre, ho lasciato dietro la mie spalle anche la mia famiglia. La loro incapacità di comprendermi. Dopo molto tempo i rapporti si sono ricuciti, ma il peso dell’incomprensione resta. Non solo da parte dei miei genitori. Anche mio fratello, che ha qualche anno più di me, non ha mai accettato la mia scelta. L’amore non esiste tra un uomo e una donna – mi ripete – figuriamoci se esiste tra due donne: l’omosessualità è solo un passaggio”.

Il “passaggio” di Manuela dura da più di 20 anni. La ragazza che aveva provocato la rottura con la sua famiglia non è al suo fianco, perché da qualche tempo un’altra donna è entrata nella sua vita e nel suo cuore. E parlando con Manuela e la sua compagna, che come lei è stata una calciatrice professionista, vengo a sapere che entrambe hanno capito di essere omosessuali in campo. In un campo da calcio. “Prima di praticare questo sport – spiega Manuela – non avevo nemmeno pensato che tra donne ci potesse essere un’intesa che va al di là dell’amicizia. Ero un’adolescente che viveva in un mondo tutto suo. Ma negli spogliatoi, nell’ambiente del calcio femminile ho capito che l’attrazione poteva essere omosessuale. In nessun altro ambito, come quello del calcio e dello sport femminile, l’omosessualità è plateale e conclamata. La stragrande maggioranza delle ragazze che giocano a calcio sono omosessuali. A qualsiasi livello. E sai perché? perché il club, il club calcistico protegge, in qualche modo. Protegge chi, per la miopia della società, a volte si sente diverso. Dentro il club la diversità è la normalità. E le tue insicurezze diventano la sicurezza che invece puoi essere come sei: te stessa.”

Emanuela Da Ros

 


| modificato il:

Leggi altre notizie di Conegliano
Leggi altre notizie di Conegliano

Dello stesso argomento

immagine della news

03/07/2022

BUONA DOMENICA Evviva le spose

Paola Turci e Francesca Pascale convolate a nozze ieri. Ma più noti sono i protagonisti e più aumentano le manifestazioni di omofobia e pregiudizio.

vedi tutti i blog

Grazie per averci inviato la tua notizia

×