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18 aprile 2024

Politica

Maggioranza in fibrillazione, governo al Senato a quota 170

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Maggioranza in fibrillazione, governo al Senato a quota 170

Archiviate le elezioni regionali e con importanti appuntamenti parlamentari alle porte, il governo si trova alle prese con il pallottoliere, soprattutto per capire la solidità della maggioranza al Senato, dove sono attesi i provvedimenti più rilevanti: le riforme istituzionali e quelle della scuola, già approvata dalla Camera, e della governance Rai, in prima lettura.

A far da cornice le divisioni all'interno del Pd, i movimenti nel centrodestra ed in particolare in Forza Italia, i riposizionamenti come quello odierno di Mario Mauro, che annuncia il passaggio all'opposizione dei Popolari per l'Italia, con la senatrice e sottosegretaria Angela D'Onghia che conferma invece l'appoggio al governo.

Stando ai numeri dei Gruppi parlamentari e all'esito dell'ultimo voto di fiducia al Senato, il 15 aprile scorso sul decreto antiterrorismo (161 i sì), la maggioranza può contare su 170 voti, nove in piu' rispetto alla maggioranza assoluta fissata a quota 161: i 112 del Pd (in realtà gli iscritti sono 113 ma il presidente Pietro Grasso non vota), 36 di Area popolare, 6 eletti con Scelta civica e iscritti alle Autonomie e al Misto dopo lo scioglimento del Gruppo, 6 delle minoranze linguistiche e 2 del Psi.

A questi, se si ripetesse l'ultima fiducia ottenuta dal governo, occorre aggiungere appunto la sottosegretaria D'Onghia, gli ex Forza Italia Manuela Repetti e Sandro Bondi, i senatori iscritti a Gal Paolo Naccarato e Michelino Davico, i senatori Fausto Guilherme Longo e Salvatore Margiotta, eletti con il Pd ma non iscritti al Gruppo Dem, l'ex Cinquestelle Lorenzo Battista.

Sull'altro fronte si possono contare 116 senatori: 48 di Forza Italia, 12 dei Conservatori-riformisti di Raffaele Fitto, 12 della Lega, 36 del Movimento 5 stelle, 6 di Sel più un senatore eletto con il partito di Nichi Vendola e ora di 'Sinistra al lavoro', e Mario Mauro. Numeri che possono salire a 125 con i restanti 9 membri di Gal, Gruppo che tuttavia, come già detto, non può essere considerato una falange compatta. Si entra così in una sorta di terra di mezzo formata da schieramenti che finora hanno sempre votato no al governo ma dei quali occorrerà verificare le scelte future.

Ci sono innanzi tutto le 3 senatrici che hanno lasciato la Lega dopo la rottura tra il Carroccio e Flavio Tosi e bisognerà vedere se potrebbe avere un seguito anche a livello nazionale l'alleanza sperimentata in Veneto con Area popolare. 17 sono invece gli ex Cinquestelle ripartiti tra varie componenti. E infine va ricordata la presenza dei sei senatori a vita: gli ex Presidenti della Repubblica Giorgio Napolitano e Carlo Azeglio Ciampi e i quattro di nomina presidenziale, Mario Monti, Elena Cattaneo, Renzo Piano e Carlo Rubbia.(segue)

Numeri e situazioni da monitorare continuamente, soprattutto se gli esponenti del Pd contrari alla segreteria, una ventina secondo gli ultimi conteggi, decidessero di passare il Rubicone e schierarsi contro il governo, rimanendo o uscendo dal partito. Una situazione alla quale però potrebbero fare da contraltare i movimenti interni a Forza Italia, dove viene segnalato particolarmente attivo Denis Verdini nel cercare di riunire intorno a sè un gruppo di parlamentari disposti a sostenere l'esecutivo.

Nè vanno dimenticati i segnali lanciati a più riprese dal capogruppo azzurro a palazzo Madama, Paolo Romani, che sulle riforme istituzionali ha ipotizzato una disponibilità a riaprire il dialogo da parte del suo partito, possibilità tuttavia per ora sempre esclusa da Silvio Berlusconi.

Una serie di variabili che potrebbero diventare dipendenti da un appuntamento previsto per le prossime settimane, vale a dire il rinnovo delle presidenze delle commissioni parlamentari. Forza Italia attualmente tra Camera e Senato può contare su sei poltrone, assegnatele quando nacque il governo di Enrico Letta e alcuni di quei posti potrebbero andare ad esponenti di componenti disposte ad appoggiare l'esecutivo. Senza dimenticare eventuali redistribuzioni all'interno del Pd o magari a beneficio di altre forze pronte a garantire numeri nel frattempo venuti meno a causa di defezioni all'interno dei Democratici.

 



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