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28 marzo 2024

Vittorio Veneto

Mattarella a Vittorio Veneto, una piazza gremita lo accoglie

Numerosi i cittadini che hanno assistito all'arrivo del Presidente della Repubblica

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Mattarella a Vittorio Veneto, una piazza gremita lo accoglie

VITTORIO VENETO - Un autentico bagno di folla per il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella oggi a Vittorio Veneto per le celebrazioni del 25 aprile, segno di grande rispetto per il Capo dello stato. Dopo il momento ufficiale della celebrazione, Mattarella ha passeggiato lungo i portici del quartiere di Serravalle riscuotendo un notevole successo tra i cittadini presenti tanto che ha voluto salutarne molti non negandosi a nessuno e addirittura uscendo dal percorso principale andando da un lato all'altro del viale che era stato scelto per raggiungere l'auto.

 

A sorpresa poi, Vittorio Veneto, città simbolo dell'unità d'Italia perché vi si concluse praticamente la Prima Guerra Mondiale e che durante la seconda 'ospitò' tra le sue colline e il bosco del Cansiglio gruppi partigiani, si è 'vestita' della bandiera dell'Unione europea offuscando in un qualche modo quel tricolore che, con l'inno di Mameli, erano stati indicati da Mattarella, nel suo discorso, come due simboli imprescindibili del Paese.

Mattarella è arrivato in città questa mattina alle 11. In piazza del Popolo, oltre a una folla di cittadini, c'erano il sindaco Roberto Tonon e il Presidente della Regione del Veneto Luca Zaia. Sono iniziate così le celebrazione del 74° anniversario della Liberazione.

Matterella ha reso omaggio al monumento dei Caduti con la deposizione di una corona. "Festeggiare il 25 aprile - giorno anche di San Marco - significa celebrare il ritorno dell'Italia alla libertà e alla democrazia, dopo vent'anni di dittatura, di privazione delle libertà fondamentali, di oppressione e di persecuzioni.  - ha detto in piazza il Presidente Mattarella - Significa ricordare la fine di una guerra ingiusta, tragicamente combattuta a fianco di Hitler. Una guerra scatenata per affermare tirannide, volontà di dominio, superiorità della razza, sterminio sistematico".

"Se oggi, in tanti, ci troviamo qui e in tutte le piazza italiane - prosegue Mattarella - è perché non possiamo, e non vogliamo, dimenticare il sacrificio di migliaia di italiani, caduti per assicurare la libertà di tutti gli altri. La libertà nostra e delle future generazioni. A chiamarci a questa celebrazione sono i martiri delle Fosse Ardeatine, di Marzabotto, di Sant'Anna di Stazzema e di tanti altri luoghi d'Italia; di Cefalonia, dei partigiani e dei militari caduti in montagna o nelle città, dei deportati nei campi di sterminio, dei soldati di Paesi lontani che hanno fornito un grande prezioso contributo e sono morti in Italia per la libertà".

Il presidente Mattarella si è poi recato al teatro Da Ponte, dove ad attenderlo c'erano 400 persone, tra cui 95 sindaci.

Al Da Ponte parla, tra il pubblico, Leda Azzalini, partigiana combattente di 93 anni di Fregona. Nome di battaglia Mariska che dice "il merito della Resistenza è di tutta la popolazione" poi guarda all'oggi: "Sulla situazione in Italia non mi pronuncio, la cosa è nota. Le speranze di allora le conservo, speriamo bene. Io sono preoccupata soprattutto per il linguaggio, è un linguaggio che rifiuto proprio. Il discorso di oggi del Capo dello Stato leggetelo bene e mettetelo dentro di voi, c'è tutta la verità su com'erano le cose".

 

Gianantonio Da Re parlamentare leghista ed ex sindaco di Vittorio Veneto è in parte critico. "Mi rammarica l'assenza del Capo dello Stato il 4 novembre - dice - perché era il centenario della vittoria ma la sua presenza qui oggi va a compensazione dell' assenza di allora. Questa è una città in cui sono passate due guerre mondiali. Siamo legati in modo particolare a Vittorio Veneto: Mattarella fa grande onore alla città". "Ci sono stati sicuramente episodi da dimenticare e anche episodi in cui ci sono stati gli idealisti e dai quali si è partorita questa Costituzione - conclude Da Re -. Il 25 aprile a Vittorio Veneto è ricordato per questo. Chi ha tentato di cambiare la Costituzione ne ha pagato le conseguenze. Se fino a qua ci ha portato tanto male non é stata scritta".

 

"Questo doveroso ricordo ci spinge a stringerci intorno ai nostri amati simboli: il tricolore e l'inno nazionale- sono le parole pronunciate in teatro da Mattarella - È il dovere, morale e civile, della memoria. Memoria degli eventi decisivi della nostra storia recente, che compongono l'identità della nostra Nazione da cui non si può prescindere per il futuro".

"Il 25 aprile vede la luce, l'Italia che ripudia la guerra e s'impegna attivamente per la pace. L'Italia che, ricollegandosi agli alti ideali del Risorgimento, riprende il suo posto nelle nazioni democratiche e libere. L'Italia che pone i suoi fondamenti nella dignità umana, nel rispetto dei diritti politici e sociali, nell'eguaglianza tra le persone, nella collaborazione fra i popoli, nel ripudio del razzismo e delle discriminazioni. Non era così nel ventennio fascista".

Nel ventennio fascista, continua il Presidente, "Non era permesso avere un pensiero autonomo, si doveva soltanto credere. Credere, in modo acritico e assoluto, alle parole d'ordine del regime, alle sue menzogne, alla sua pervasiva propaganda. Bisognava poi obbedire, anche agli ordini più insensati o crudeli. Ordini che impartivano di odiare: gli ebrei, i dissidenti, i paesi stranieri. L'ossessione del nemico, sempre e dovunque, la stolta convinzione che tutto si potesse risolvere con l'uso della violenza".

Nel ventennio - sottolinea Mattarella - non c'era "libertà di opinione, di espressione, di pensiero. Abolite le elezioni, banditi i giornali e i partiti di opposizione. Gli oppositori bastonati, incarcerati, costretti all'esilio o uccisi". "E, soprattutto - dice ancora Mattarella -, si doveva combattere. Non per difendersi, ma per aggredire. Combattere, e uccidere, per conquistare e per soggiogare. Intere generazioni di giovani italiani furono mandate a morire, male armati e male equipaggiati, in Grecia, in Albania, in Russia, in Africa per soddisfare un delirio di dominio e di potenza, nell'alleanza con uno dei regimi più feroci che la storia abbia conosciuto: quello nazista". "Non erano questi - sottolinea il Presidente della Repubblica - gli ideali per i quali erano morti i nostri giovani nel Risorgimento e nella Prima Guerra Mondiale".

"Molti italiani, donne e uomini, giovani e anziani, militari e studenti, di varia provenienza sociale, culturale, religiosa e politica, maturarono la consapevolezza che il riscatto nazionale sarebbe passato attraverso una ferma e fiera rivolta, innanzitutto morale, contro il nazifascismo. Nacque così, anche in Italia, il movimento della Resistenza. Resistenza alla barbarie, alla disumanizzazione, alla violenza: un fenomeno di portata internazionale che accomunava, in forme e modi diversi, uomini e donne di tutta Europa".

Sindaci e Mattarella fuori dal teatro Da Ponte

"Contadini, operai, intellettuali, studenti, militari, religiosi, costituirono il movimento della Resistenza: tra loro vi erano azionisti, socialisti, liberali, comunisti, cattolici, monarchici e anche molti ex fascisti delusi - continua Mattaerella - Accanto a essi, come componente decisiva della Resistenza italiana, desidero ricordare i tanti militari che, catturati dai tedeschi dopo l'8 settembre, rifiutarono l'onta di servire sotto la bandiera di Salò e dell'esercito occupante e preferirono l'internamento nei campi di prigionia nazisti. Seicentomila mila: un numero imponente che fa riflettere sulla decisa prevalenza del senso di onor di Patria rispetto al fascismo fra gli appartenenti alle Forze Armate. Quasi cinquantamila di questi morirono nei lager in Germania, di stenti o per le violenze. Né va dimenticato - aggiunge Mattarella - il contributo fondamentale delle centinaia di migliaia di persone che offrirono aiuti, cibo, informazioni, vie di fuga ai partigiani e a militari alleati; e dei tanti giusti delle Nazioni che si prodigarono per salvare la vita degli ebrei, rischiando la propria".

"Per la Resistenza fu decisivo l'apporto delle donne, volitive e coraggiose. In Veneto furono staffette, ma anche combattenti. Su di loro, se catturate, la violenza fascista si scatenava con ulteriore terrificante brutalità, come le sopravvissute raccontarono del trattamento della banda Carità, un gruppo di torturatori di inaudita ferocia che aveva sede presso Villa Giusti a Padova - ha detto inoltre il Presidente - e abbiamo già ricordate alcune e tante altre giovani venete di allora andrebbero ricordate. Per tutte - aggiunge - ricordo Tina Anselmi, con cui ho avuto l'opportunità e l'onore di lavorare a stretto contatto in Parlamento".

"La Resistenza, con la sua complessità, è un fecondo serbatoio di valori morali e civili. Ci insegna che, oggi come allora, c'è bisogno di donne e uomini liberi e fieri che non chinino la testa di fronte a chi, con la violenza, con il terrorismo, con il fanatismo religioso, vorrebbe farci tornare a epoche oscure, imponendoci un destino di asservimento, di terrore e di odio. A queste minacce possiamo rispondere con le parole di Teresio Olivelli, partigiano, ucciso a bastonate nel lager di Hersbruck: "Lottiamo giorno per giorno perché sappiamo che la libertà non può essere elargita dagli altri. Non vi sono liberatori. Solo uomini che si liberano". Buon 25 aprile", ha concluso il Presidente.

Mattarella ha poi lasciato il teatro Da Ponte per fare visita al Museo della Battaglia di Vittorio Veneto.

 

 


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