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20 aprile 2024

Cronaca

"Pamela borderline grave e dipendente da droga"

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Pamela Mastropietro "venne da noi con una diagnosi borderline grave e dipendenza da sostanze stupefacenti . E’ arrivata con una situazione clinica molto complessa". Lo ha affermato Giovanni Di Giovanni, psichiatra e consulente per la comunità Pars di Corridonia, dalla quale si allontanò Pamela Mastropietro, ascoltato nel corso dell’udienza in corso davanti alla Corte di Assise di Macerata che vede imputato Innocent Oseghale per la morte della 18enne romana, poi uccisa e fatta a pezzi a Macerata. Lo psichiatra ha raccontato che intorno "al 7 dicembre 2017 Pamela iniziò ad avere delle note depressive" tanto che gli fu somministrato un altro farmaco. Si iniziò un "progetto, si fece in modo che la ragazza riprendesse gli studi, un programma terapeutico finalizzato ad obiettivi con un significato emozionale. Il problema iniziò a sorgere verso il 26 dicembre quando è stato riferito", ha continuato il consulente della comunità, che la ragazza "si induceva vomito e si era fatta delle autolesioni".

Raccontando la personalità di Pamela, lo psichiatra ha affermato che aveva comportamenti devianti: ad esempio "idealizzava una vita da escort", ma ciò come la promiscuità sessuale, ha spiegato, è un tratto della patologia dalla quale Pamela era affetta ossia quella borderline grave. Da alcuni esami sarebbe emerso che Pamela aveva assunto "oppiacei due mesi prima della morte", ha osservato il legale della famiglia della vittima, sottolineando che in quel periodo la 18enne era già in comunità: lo psichiatra ha escluso in linea di massima che nella comunità possa entrare stupefacente: "I controlli quando qualcuno viene da fuori sono terribili, ci sono perquisizioni", ha sottolineato lo psichiatra. Il giorno in cui Pamela si allontanò dalla comunità ebbe un "diverbio con un operatore durante il pranzo", ha detto.

La giovane, ha spiegato ancora, "manifestava la volontà di andare via" dalla comunità, ma "poi ci ripensava e rimaneva, aveva questo conflitto. Si cercava di trattenerla il più possibile, avviando anche un progetto terapeutico insieme ai famigliari". Per Di Giovanni, "Pamela aveva un grandissimo affetto per i genitori, soprattutto per la madre, ma mostrava anche grande conflittualità. Con i genitori aveva un rapporto conflittuale, ma allo stesso tempo di grande affetto", ha detto ancora, spiegando che i "famigliari erano sicuramente vicini alla ragazza e sono stati molto disponibili ad avviare il progetto" terapeutico. In comunità Pamela parlò anche di un "fidanzato" con il quale, raccontava, "erano introdotti nel mondo della tossicodipendenza".

Pamela, ha riferito lo psichiatra, alternava momenti di rabbia verso i genitori perché diceva che "avevano denunciato il fidanzato". Per il consulente della comunità rapportandosi con Pamela era possibile accorgersi dei suoi problemi. E anche la promiscuità sessuale è un tratto della patologia dalla quale Pamela era affetta: "Una persona che sta soffrendo si butta in quel comportamento, rientra nella patologia", ha concluso lo psichiatra rispondendo a una domanda della difesa della famiglia della vittima.
 

 



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