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23 aprile 2024

Nord-Est

Il papà padovano che staccò la spina alla figlia negli Usa

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Il papà padovano che staccò la spina alla figlia negli Usa

PADOVA - La 'scelta' che oggi attanaglia la coscienza dei genitori di Marwa, la bimba di 15 mesi mantenuta in vita artificialmente a Marsiglia, fa riemergere anche in Italia storie di altre coppie trovatesi davanti a un bivio così doloroso. Tra queste, quella di un giovane papà padovano, docente all'Università di Washington, che nel novembre del 2015, assieme alla moglie americana, decise di porre fine alla sofferenza della figlioletta, di appena 40 giorni, staccando lui stesso la spina che la teneva in vita in un ospedale di Philadelphia.

 

Non prima di aver chiesto (lui ateo) ad un prete cattolico di battezzare la bambina. E' la madre dell'uomo e nonna della bimba a raccontare oggi quella scelta lancinante, in un'intervista al 'Corriere del Veneto'. La donna è un medico, lavora a Padova, ed è cattolica.

 

La piccola era nata con una grave patologia che impediva all'organismo di produrre la proteina che sviluppa i polmoni. Il suo primo mese e di vita era stato un calvario di flebo, aghi, e respiratori. La decisione di staccare le macchine che le permettevano di respirare mise a dura prova l'equilibrio dei due genitori, che alla fine del loro travaglio ottennero di essere ricevuti da Papa Francesco, cui la nonna della bimba aveva scritto una lettera.

 

Il santo Padre - ha raccontato la signora padovana - fu commosso dalla vicenda, acconsentì a riceverli e li abbracciò. L'incontro in Vaticano avvenne nel maggio 2016, sei mesi dopo la morte della bimba. All'incontro prese parte anche la nonna. Portò con se' le foto della bambina - "era bellissima" - le frasi d'addio degli amici, e l'omelia letta al funerale, celebrato a Washington con rito battista, la confessione della mamma.

 

Per immaginare di salvare la neonata sarebbe stato necessario un trapianto dei polmoni, "che avrebbe dovuto affrontare ad un mese di vita - spiega la donna - Ma non c'è mai arrivata. Mio figlio, d'accordo con me, si è assunto la responsabilità dell'unico gesto possibile, altrimenti la piccola sarebbe rimasta attaccata al respiratore due mesi, per poi morire d'infezione. Che senso aveva prolungare le sofferenze?".

 



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