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28 marzo 2024

Nord-Est

Risotto letteralmente "al dente": tra i chicci una biglia che gli spezza il premolare

Ma l'azienda produttrice del riso, la Scotti, denega qualsiasi responsabilità

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Risotto letteralmente

MARCON - Doveva essere un tranquillo pranzo tra amici sul Grappa, ma ad uno di loro il risotto è andato proprio... di traverso per colpa di un inatteso “ingrediente”: una biglia trasparente di un centimetro di diametro finita nel suo piatto tra i chicchi, che per fortuna il malcapitato non ha inghiottito ma che, masticando, gli ha reciso un dente. L'incredibile episodio è successo il 23 febbraio scorso.

 

Un 63enne di Marcon va a passare una giornata con degli amici sul Monte Grappa: la compagnia si ferma a mangiare in località Lepre, a San Nazario (Vicenza), in una casa degli alpini, e di primo si prepara del riso, acquistato da uno degli amici, cucinato con soffritto di cipolla e condito con olio e grana padano. Durante il pasto, però, il commensale avverte una fitta a un dente: si mette la mano in bocca e “pesca” una pallina traslucida, all'apparenza di vetro, del diametro esatto di 10,8 millimetri.

 

Il dolore, accompagnato da sanguinamento, è tale che devono accompagnarlo subito da un dentista che, constatato il danno irrimediabile, non può che estrarre il premolare inferiore lesionato. Ma come c'è finita quella sfera nel pacco di riso Arborio marca Crai Bio? Di certo c'è che la confezione, acquistata quello stesso giorno al negozio Crai Le Madonnette di Caerano San Marco, e debitamente conservata come prova, con il “corpo estraneo” e lo scontrino, non presentava alcuna manomissione, il che fa pensare a una “contaminazione” avvenuta nella fase di lavorazione o confezionamento del prodotto. Il danneggiato ha subito fatto presente il problema ai soggetti coinvolti chiedendo anche i danni: di sole spese odontoiatriche, tra estrazione, impianto, corona e quant'altro, ha dovuto sborsare quasi tremila euro.

 

Ma gli hanno tutti risposto picche. La Crai Secom si è affrettata a precisare che il riso incriminato è stato prodotto dalla Riso Scotti Spa, nello stabilimento di Pavia, e il legale di quest'ultima ha respinto ogni addebito di responsabilità per la sua assistita, asserendo che “i sistemi di controllo qualità della produzione che essa attua rendono impossibile il passaggio sulla linea di produzione di corpi estranei di quelle dimensioni”.

 

Non ottenendo risposte, il 63enne, attraverso la consulente personale Daniela Vivian, ha deciso di affidarsi a Studio 3A, società specializzata a livello nazionale nella valutazione delle responsabilità in ogni tipologia di sinistro, a tutela dei diritti dei cittadini. Lo studio, dopo aver ribadito la denuncia del fatto alla Crai Secom, al market Le Madonnette e alla Scotti, e aver ottenuto un nuovo diniego, ha deciso di vederci chiaro, affidando a un tecnico esperto un parere preventivo e un primo approfondimento sulla possibile natura della sfera.

 

E dai primi esami a vista superficiale è emerso che la biglia non ha una sfericità perfetta ma presenta difetti visibili solo in controluce che lascerebbero intendere che non sia nuova ma abbia “lavorato” prima di finire nella confezione di riso, rafforzando l'ipotesi che possa trattarsi di un componente meccanico, come un cuscinetto a sfere, del macchinario di una linea produttiva: tra i vari tipi di cuscinetti esistenti, peraltro, alcuni sono realizzati anche in materiale non metallico e traslucido.

 

Appare dunque più che verosimile che la biglia fosse all'interno del sacchetto in plastica sottovuoto, piuttosto che del cartone, e d'altra parte il suo colore e la sua traslucenza non rendevano certo facile distinguerla in un piatto di riso. Se le ulteriori analisi confermeranno tale circostanza, e se l'azienda continuerà a non dare riscontri, Studio 3A è deciso ad andare fino in fondo per tutelare gli interessi del proprio assistito, ma anche dei consumatori in genere.

 

L'incidente occorso al 63enne, infatti, è solo la punta di un iceberg e ripropone la questione dei corpi estranei negli alimenti confezionati, che non di rado possono sfuggire ai controlli, tanto più se si tratta di materiali non metallici, non rilevati dai metal detector di cui in genere si avvalgono le aziende. Questa problematica, una delle principali cause di contaminazione dei cibi, continua a palesarsi, nonostante i controlli di legge imposti alle imprese produttrici e ai sistemi di autocontrollo volontari che adottano, con i relativi pericoli per la salute pubblica e con tanto di ritiro dal mercato di svariati prodotti da parte del Ministero della Salute o degli organismi di vigilanza europei, come, tre anni fa, le barrette di Mars, dopo che un consumatore aveva trovato in una di esse un pezzo di plastica, o i lotti di confezioni di crostini “richiamati” nel febbraio 2017.

 

Nel biennio 2016-2017 in Italia si sono registrati 253 casi di corpi estranei negli alimenti segnalati al Rasff, il Sistema di allerta rapido europeo, ma sfuggono tutti quelli non segnalati: si tratta per lo più di materiali vetrosi, plastici o metallici, ma non mancano anche i casi di tappi, gomme, ossa, lische, sassi, noccioli, gusci, schegge di legno, carta e capelli, che hanno allarmato imprese e consumatori.

 

Una delle notifiche del Rasff è relativa proprio alla presenza di frammenti di vetro in riso carnaroli confezionato in Italia. La contaminazione fisica può avere origine dall’ambiente di lavoro per carenti condizioni strutturali o scarsa attività di manutenzione degli impianti, ma anche dal mancato rispetto delle norme di igiene e comportamento del personale, dalle materie prime e da inefficaci trattamenti di separazione di contaminanti fisici “naturali”: è un problema che va posto all'attenzione dell'opinione pubblica e affrontato per la sicurezza delle persone. E non solo “alimentare”.

 



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