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28 marzo 2024

Vittorio Veneto

Lo scheletro (della Mafil) nell’armadio (del comune)

Indagine su un immobile al di sopra di ogni sospetto. O quasi

| Emanuela Da Ros |

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| Emanuela Da Ros |

Lo scheletro (della Mafil) nell’armadio (del comune)

VITTORIO VENETO - Non so voi, ma io i “gialli” li leggo soprattutto d’estate. Forse perché è d’estate – di fronte all’indifferenza collettivo/vacanziera – che il giallo risalta di più.

Il giallo vittoriese dell’estate 2013 ha un nome: Mafil. E ha un epilogo tutto da scoprire.

Per cui se vi sentite Poirot o Maigret o Sherlock Holmes o tenente-Colombo dateci una mano. Aiutate noi di OggiTreviso a fare chiarezza su un mistero che – se non il giallo – ha dei lati oscuri da schiarire.

Il nodo della questione. Il comune di Vittorio Veneto, dal 2005, acquista un grande stabilimento industriale, denominato Mafil, sito in via Matteotti 1 a Vittorio Veneto (sulla statale che congiunge il Centro città a San Giacomo).

Il Comune ha comprato la Mfil ,“in saldo” durante una pratica fallimentare perché l’ex sindaco di allora, certo Giancarlo Scottà, aveva detto che si trattava di “un’offerta irrinunciabile”, che si trattava di un acquisto strategico, o qualcosa di simile.

Poiché non è stato il sindaco di tasca sua, ovviamente, a comprare l’immobile, ma tutti noi vittoriesi, è bene ricordare che la cifra sborsata dalla collettività è stata di circa un milione e mezzo di euro.

Bene.
Ci siamo?
Comprato lo stabilimento, tanto per fare un bell’investimento, il comune ha ipotizzato di sfruttarlo in qualche modo. Lecito, no?

Quando si compra qualcosa, non si ha intenzione di lasciarla lì a deperire…soprattutto se è costata un milione e mezzo di euroni. Ma andiamo avanti.

Utilizzando volantini e/o giornalini comunali (pagati dai contribuenti, sia chiaro), il comune ha ipotizzato che l’immobile acquisito avrebbe potuto ospitare il progetto “Contratti di Quartiere 3”. Non chiedetemi cos’è questa cosa fumosa, perché io non fumo. E comunque di questa cosa fumosa non si è fatto niente, quindi tanto vale sorvolarla.

A un certo punto, con quella palla di ex Mafil al piede, al comune è però venuta un’altra idea. Quella di trasferire lì i magazzini comunali attualmente ubicati in via Carso: magazzini per i quali, la città, i cittadini, noi, paghiamo – a un privato - un affitto di 75 mila euro all’anno.

L’idea è stata stoppata: a quanto pare per trasferire i magazzini di via Carso all’ex Mafil il comune avrebbe dovuto sborsare (non si sa come, nè perché) un milione di euro di trasloco, e di fronte alla cifrotta, c’è stato un (giusto) ripensamento e poi un no: il trasloco non s’ha da fare.

L’altro nodo. L’altro nodo della faccenda (e mica è facile scriverne: venitemi in soccorso, vi prego!) è che l’ex Mafil, l’ex stabilimento industriale comprato da Scottà e dalla sua giunta nel 2005, a un certo punto è apparso come un brontosauro di cemento: un immobile enorme (nessuno ha saputo dirmi con certezza i metri cubi che lo costituiscono) di cui la città non sapeva come disfarsi, visto che non sapeva come utilizzarlo.

La Giunta Da Re ha pensato allora di metterlo in vendita.

Come?
Con un’asta, ovvio.
L’ex Mafil, di proprietà comunale. È stata messa all’asta per due milioni di euro.
L’asta è andata deserta.
A nessuno ha fatto gola l’immobile.
Come succede in questi casi, il prezzo è stato ribassato.
L’ex Mafil, il megastabilimento comprato dal comune per farci un affare, è stato rimesso all’asta a un milione e 800 mila euro. La vendita – anche in questo caso – non è avvenuta.
Lo stabilimento, l’immobile, è rimasto sul groppone del comune: uno stabile industriale vuoto da più di 7 anni è rimasto lì, affacciato alla statale come un segnale stradale che nessuno rispetta più.

L’altro l’altro nodo. L’altro altro nodo è che l’ex Mafil avrebbe potuto dormire per altri anni ancora il sonno del pessimo investimento immobiliare se non fosse per una donna, una consigliera comunale di opposizione: Adriana Costantini. Lo scorso 12 agosto, Adriana Costantini (lista Sel) presenta al sindaco una domanda di attualità (lo può fare: la domanda di attualità può essere presentata sino a un’ora prima del dibattimento) in cui chiede al sindaco e alla giunta come mai nell’ex Mafil ci sia una ditta (tale Abs group srl) che chiede garanzie per la sua locazione.

Che succede?
Succede che il consigliere Costantini è venuto a conoscenza che presso l’ex Mafil ha sede legale una ditta che chiede legalmente al comune certi diritti. Costantini chiede a sua volta al sindaco chi sia la ditta allogata presso l’ex Mafil e come è possibile che abbia preso sede legale in un immobile del comune senza l’autorizzazione del consiglio comunale.
Il sindaco, la giunta rispondono di non sapere. Di non essere bene informati sulla faccenda.

“Strano – dice la Costantini (che nel frattempo s’è informata) – perché la questione è stata oggetto di una delibera del 13 dicembre 2012 (mai licenziata) e di una delibera del luglio successivo.”

Alla domanda di Adriana Costantini, si risponde dal comune che sì, si è preso in esame il progetto di concedere l’ex Mafil alla ditta Abs group in data 13 dicembre 2012, ma che poi si è capito di aver toppato, di aver sbagliato, e che sì – insomma – la questione andava discussa in consiglio comunale e non in un giunta, per cui…

Per cui. Per cui (e il giallo eclissa qui) a tutt’oggi, anche se il comune – sbagliando, per carità – ha forse consegnato il suo immobile a una ditta privata senza l’autorizzazione dovuta, ha poi fatto marcia indietro (e non facciamoci le pulci! tutti possono sbagliare: pure i comuni!); l’ex Mafil resta là, vuota e svenduta; nessun accordo coi privati è stato preso sottobanco; nessuna operazione poco chiara è stata fatta; nessuna ditta ha sede presso un immobile che è sempre del comune; nessuna iniziativa è stata messa in atto; nessuna operazione finanziaria ha colpito lo stabilimento Mafil. Che è lì: bello, vuoto, inutile, costoso. Come prima dell’acquisto.

A proposito: il comune paga l’Imu sui suoi immobili inutilizzati?
 

 


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