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24 aprile 2024

Treviso

Sequestro ragioniere di Berlusconi: due arresti a Treviso

Due albanesi residenti della Marca coinvolti nel sequestro di Spinelli

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Sequestro ragioniere di Berlusconi: due arresti a Treviso

MILANO - Due arresti in provincia di Trevisoi per il sequestro lampo compiuto nella notte tra il 15 e il 16 ottobre scorsi ai danni di Giuseppe Spinelli, collaboratore di Silvio Berlusconi. La Squadra Mobile di Milano, in collaborazione con la Dia, ha eseguito 6 arresti e una serie di perquisizioni in diverse città d'Italia. I sei fermati sono tre italiani e tre albanesi, di cui due residenti uno ad Asolo e uno a Castelfranco.

 

I malviventi avrebbero chiesto al collaboratore dell'ex premier 35 milioni in cambio di documenti relativi alla sentenza del Lodo Mondadori, documenti che, a loro dire, avrebbero consentito di ribaltare la sentenza stessa. Il fatto è stato segnalato alla procura della Repubblica il 17 ottobre, mentre la vera e propria denuncia è stata formalizzata due giorni dopo l'accaduto, ossia il 18 ottobre. Secondo quanto spiegato da Alessandro Giuliano, capo della squadra mobile della Questura di Milano, tutto è accaduto in 12 ore. Alle 22 del 15 ottobre Spinelli stava rientrando nella sua casa a Bresso, dopo il lavoro, quando è stato aggredito da due uomini. Insieme ad un altro uomo, giunto alle 2 di notte, i sequestratori hanno costretto in casa fino alla mattina, sia Spinelli sia la moglie.

 

Soltanto alle 9 il ragioniere è riuscito a mettersi in contatto con Berlusconi che ha preso atto delle condizioni per la liberazione degli ostaggi: secondo la testimonianza di Spinelli, i rapitori avrebbero voluto 35 mln di euro in cambio della consegna di certi documenti in grado di ribaltare la sentenza di appello sul Lodo Mondadori. Dopo la telefonata tra Berlusconi e Spinelli, i rapitori se ne sono andati, secondo la polizia, presumibilmente soddisfatti di quanto ascoltato. I documenti di cui ha parlato Spinelli non sono stati rinvenuti e al momento non risulta pagato nessun riscatto.

 

C'è però anche l'ipotesi riscatto tra quelle al vaglio della procura di Milano. Facendo riferimento a una "grossa somma di denaro", il pm "ipotizza che possa trattarsi di una parte del riscatto che potrebbe essere stato pagato in un momento successivo al rilascio degli ostaggi ma non monitorato", si legge nell'ordinanza di custodia cautelare. Il gip, tuttavia, invita alla cautela: "una ricostruzione possibile, come è anche possibile che il denaro sia riconducibile ad altri affari illeciti di Francesco Leone (uno dei sei arrestati, ndr), che non è nuovo alla commissione di reati come quello per cui si procede".

 

I sei arrestati sono tutti pregiudicati e con precedenti. I tre italiani sono Francesco Leone, nato a Bari nel 1961, Pierluigi Tranquilli, nato a Palestrina (Ro) nel 1978 e Alessio Maier, nato a Como nel 1966 ma residente a Malnate (Va). Insieme a loro, avrebbero agito anche tre albanesi, Ilirjan Tanco, Marjus Anuta e Laurenc Tanko, anche loro pregiudicati. Francesco Leone è stato arrestato questa notte nella sua abitazione a Paliano, in provincia di Frosinone, mentre Pierluigi Tranquilli è stato fermato al casello autostradale di Valmontone mentre si dirigeva nell'azienda del padre dove ufficialmente lavora. Alessio Maier, invece, risulta già arrestato nel 2005 per associazione a delinquere. I tre cittadini albanesi sono stati arrestati a casa delle sorelle: Lauren Tanko - il più anziano dei tre - è un latitante, già ricercato dalla polizia per essere evaso dagli arresti domiciliari.

 

Secondo quanto riportato da Alessandro Giuliano e Marco Ciacci, rispettivamente capo della squadra mobile e funzionario capo della polizia giudiziaria di Milano, le forze dell'ordine sarebbero sulle loro tracce da un mese: ''In queste settimane - ha affermato Giuliano durante la conferenza stampa della Polizia - abbiamo cercato di verificare e comprendere cosa fosse realmente accaduto quella notte''. Ai giornalisti che chiedevano il perché di una conferenza stampa il mese successivo, i funzionari hanno risposto: ''Era necessario del tempo per raccogliere tutti gli elementi che potessero identificarli''.

 

E' stato lo studio Ghedini-Longo a denunciare la vicenda alla procura milanese. Spinelli ha passato "una notte bruttissima", racconta l'avvocato Piero Longo. Niccolò Ghedini riferisce di aver parlato con il ragioniere dopo che quest'ultimo aveva contattato Berlusconi: ''Ho capito che c'era qualcosa di strano. Gli ho chiesto se potevamo parlarne, ma dovevamo vederci ad Arcore. Lui mi ha detto che non poteva e lì mi sono reso conto che qualcosa non andava''. "Spinelli mi parlò di filmati su Fini", dice ancora Ghedini. Una rivelazione che emergerebbe anche nei verbali della vittima, noto alle cronache come il ragioniere delle 'Olgettine'.

 

Nel suo racconto agli investigatori Spinelli avrebbe parlato di un foglio di carta ingiallito, in cui ci sarebbe stato scritto Lodo Mondadori, De Benedetti e i nominativi di alcuni magistrati. Il capo della banda avrebbe poi mostrato una chiavetta Usb e un dvd, ma il ragioniere non sa riferire cosa contenessero. Supporti cartacei e informatici di cui, al momento, non si ha traccia. Dopo la liberazione di Spinelli, lo stesso avvocato e il collega Piero Longo, hanno denunciato al sostituto procuratore Ilda Boccassini il sequestro lampo. ''Spinelli ci ha messo delle ore - spiega Ghedini - per ricostruire quanto accaduto perché era sotto shock e temeva per la vita di sua moglie. Non solo: vicino abita anche la figlia e la nipote e lui aveva paura per loro''.

 


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