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20 aprile 2024

Vittorio Veneto

La storia: "Ricordatevi di quelli che vi hanno guidati..."

Intervista al Vescovo Pizziolo

| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

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| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

 La storia:

VITTORIO VENETO - Oggi, 16 gennaio, festa di San Tiziano, patrono della Diocesi, a quasi 10 anni dall'insediamento ufficiale del Vescovo Pizziolo, avvenuto il 26 gennaio 2008, lo abbiamo intervistato sulla recente pubblicazione "Ricordatevi di quelli che vi hanno guidati. Sacerdoti defunti della diocesi di Vittorio Veneto dal 1980 al 2016", edito da L'Azione, il settimanale diocesano.

 

D. Come e perché è nata questa pubblicazione?

R. È nata dall'aver preso visione di un volume del mio predecessore, Monsignor Antonio Cunial, "Riuniti nel regno", edito nel 1981. In tale volume egli ricordava i sacerdoti diocesani defunti dal 3 maggio 1970 al 3 maggio 1980. Per ognuno, riprendeva l’omelia pronunziata in occasione dei funerali. La lettura mi aveva colpito positivamente e mi sono reso conto che, dopo quella pubblicazione, non era stato fatto più nulla. In questo senso nella mia introduzione parlo di un "vuoto". Devo aggiungere che la pubblicazione era un unicum, infatti non ho trovato qualcosa di simile neppure nelle diocesi a noi vicine. Questo precedente mi ha spinto a continuare l’opera di Mons. Cunial, a partire da dove egli l’aveva conclusa, e precisamente dai preti defunti del maggio 1980.

 

D. Insomma un lavoro certosino...

R. L'impresa si è rivelata molto impegnativa, perché - dal 1980 ad oggi - sono risultati ben 258 i sacerdoti da ricordare. Inoltre non ho potuto seguire il metodo di Monsignor Cunial, dal momento che non disponevo delle omelie dei miei predecessori, mons. Eugenio Ravignani, mons. Alfredo Magarotto e mons. Giuseppe Zenti. Ho deciso, di conseguenza, di utilizzare il sintetico necrologio che per ciascuno dei preti diocesani defunti è stato pubblicato nel Bollettino Ecclesiastico, cioè nella rivista ufficiale della Diocesi. Ho poi aggiunto quanto è stato pubblicato - su ogni singolo prete - dal settimanale diocesano L'Azione.

 

D. Quindi un criterio oggettivo, che però presenta i singoli sacerdoti con notizie ed informazioni non omogenee.

R. Indubbiamente questo criterio ha dei limiti. Se, infatti, il necrologio ufficiale è sostanzialmente uguale per tutti, lo spazio riservato sul settimanale diocesano risente inevitabilmente delle scelte editoriali e, specialmente, del “peso” che veniva attribuito al singolo prete e alla sua storia. Per fare un solo esempio, per la morte di don Angelo Ranon, ci sono ben due pagine, segno della traccia profonda lasciata, in diocesi, dal suo ministero. Anche questa diversità, tuttavia, ha un suo valore, perché offre un segno di come ogni singolo prete è stato percepito nella vita della comunità diocesana. Voglio aggiungere che a me questa ricerca è servita moltissimo, proprio per conoscere più approfonditamente tante figure di preti di cui spesso sentivo parlare. Con questo lavoro si è inoltre colmato un vuoto e offerto un aiuto alla memoria della comunità ecclesiale diocesana.

 

D. Quanti sacerdoti sono venuti meno in questo decennio dal suo insediamento?

R. Molti. Troppi! In questi 10 anni ho celebrato ben 89 funerali di preti diocesani. Nel 2014, ad esempio, ne ho celebrati ben 15.

 

D. Qualche nota in particolare, emersa da questo lavoro...

R. Partendo dai defunti del 1980, ho incontrato tante belle figure di preti, che risaltano in modo particolare. Oltre al già citato d. Angelo Ranon, ho potuto apprezzare molti sacerdoti che hanno lasciato tracce assai positive nella nostra chiesa. Mi sono rimasti in mente, ad esempio d. Arrigo Gobbo, mons. Paride Artico, don Mario Possamai, ricordato da un bell’articolo del professor Aldo Toffoli, don Mario Battistella e don Vittorino Favero, d. Igino Facchinello… Tutti preti di cui avevo sentito molto parlare. Ma, a dire la verità, tutti quanti – nessuno escluso - mi hanno lasciato un segno positivo nella memoria. Pensando a pubblicazioni, anche recenti, che presentano figure negative di preti, questo libro appare particolarmente luminoso e denso di testimonianze belle e consolanti.

 

D. Alcuni dati significativi riguardante il clero vittoriese...

R. Rispetto al numero assai consistente di preti di qualche decennio fa, stiamo oggi vivendo un calo molto vistoso di sacerdoti. Guardando però alla storia del nostro presbiterio, c'è qualcosa di interessante: nei primi anni del secolo scorso la nostra diocesi ha già vissuto un fenomeno simile. Basti pensare che nel 1920 i preti in diocesi erano solo 180 (più o meno come oggi) rispetto ai 365 del 1840. C’è stata poi una grande risalita fino al 1968, quando è stato raggiunto il numero di ben 455 preti diocesani. Qualcosa di analogo è avvenuto nella diocesi di Treviso.

 

D. Come interpreta questo calo così vistoso?

R. La diminuzione del numero dei preti risente del clima culturale complessivo, caratterizzato - a partire dagli anni ‘70 – da quel fenomeno conosciuto come “secolarizzazione”, caratterizzato dalla scomparsa del riferimento a Dio e dall’indifferenza religiosa. Si tratta di un fenomeno che nel nostro territorio è esploso in maniera clamorosa in questi ultimi tre/quattro decenni. In questo senso, una ripresa numerica di vocazioni alla vita sacerdotale non è impossibile in senso assoluto, tuttavia sarà indubbiamente condizionata da questo clima culturale, oltre che dal dato materiale della bassissima natalità odierna. Ad essere realistici, oggi – nella cultura secolarizzata in cui viviamo e con la diminuzione attuale delle nascite – non dovremo tanto stupirci che siano pochi i giovani che si fanno preti: dovremmo stupirci, piuttosto, che ce ne siano ancora. Tutto questo comporta che la presenza dei preti nelle nostre comunità parrocchiali sia molto diminuita. Occorrerà quindi che si mettano in atto altre forme di cura pastorale, magari ancora inedite, che non erano sentite necessarie quando c'era una presenza numerosa e sovrabbondante di preti. Con molta pazienza si dovranno individuare vie nuove, o rafforzare quelle già individuate. Certamente – accanto alla figura del sacerdote - andrà valorizzata la figura dei diaconi permanenti, la vita consacrata, ma, in modo particolare, bisognerà puntare sui laici, che si assumano la responsabilità di tener viva e far crescere la vita comunitaria cristiana delle nostre parrocchie.

 

D. Cosa può dirci del Seminario e della sua vitalità oggi?

R. Nella nostra diocesi continuiamo ad avere il Seminario, sia il Minore sia il Maggiore, anche se con numeri ridotti. Abbiamo complessivamente una ventina di seminaristi. Circa una metà frequenta il Seminario Minore (cioè le Medie Superiori), l’altra metà sta compiendo gli studi teologici. Ormai da molti anni (e cioè dall’inizio degli anni ’70) lo Studio Teologico è organizzato assieme alla Diocesi di Treviso. Questo consente di qualificare l'insegnamento e, inoltre, di far fronte alla diminuzione numerica di studenti. Il Seminario, sia pur piccolo, costituisce comunque un segno molto importante di annuncio e di ricerca vocazionale per la vita della diocesi. Proprio per questo ci sforziamo di mantenerlo, mettendo in atto, magari, delle forme nuove di annuncio vocazionale e di esperienza formativa.

 

D. Sui religiosi non legati al clero secolare quali sono i numeri?

R. Abbiamo una presenza ancora abbastanza numerosa - anche se molto meno che nel passato - di sacerdoti che fanno parte di Ordini o Istituti religiosi. Concretamente si tratta delle famiglie religiose dei Cappuccini a Conegliano, dei Francescani a Vittorio Veneto e a Motta, dei Giuseppini a Oderzo e Conegliano, dei Servi di Maria a Follina, dei Dehoniani a Conegliano. Posso dire che si tratta di una presenza molto positiva, in profonda comunione con la vita e il cammino della diocesi.

 

D. E sui diaconi?

R. Con i diaconi permanenti abbiamo la positiva presenza di una nuova forma di ministero pastorale. Anche dal punto di vista numerico, la loro presenza nella nostra diocesi è incoraggiante. Occorre pero precisare che i diaconi non sono fatti per sostituire i preti che mancano. Dovessero diventare dei semplici “tappabuchi” che tamponano la mancanza di sacerdoti, sarebbe la loro fine. Bisognerà, piuttosto, scoprire l'originalità della presenza del diaconato nella Chiesa, nel campo dell’evangelizzazione, della celebrazione liturgica e specialmente nell’ambito della carità, cioè della prossimità a coloro che vivono delicate situazioni di bisogno e di sofferenza.

pietro.panzarino@oggitreviso.it

 


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