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20 aprile 2024

Treviso

Treviso Città della Cultura 2020?

Intervista a Marco Tamaro, Presidente del Comitato Scientifico

| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

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| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

Treviso Città della Cultura 2020?

TREVISO -  A pochi giorni dall'audizione dell delegazione trevigiana, che esporrrà al Ministero dei Beni Culturali le ragioni sottese al Progetto di candidatura, abbiamo intervistato il dr. Tamaro, Direttore della Fondazione Benetton Studi Ricerche nonchè Presidente del Comitato Scientifico del progetto di candidatura.

Il passaggio di consegne con il predecessore Domenico Luciani, direttore dal 1987 al 2009...

La transizione non è stata netta: si è mantenuto un rapporto molto intenso nei primi anni, per un corretto passaggio di consegne, graduale, come voluto dal Presidente. L' impulso e l'influsso dati alla Fondazione si sono delineati gradualmente, solo negli ultimi tre/quattro anni la Fondazione ha preso ad "assomigliarmi un po’".

Con il Paesaggio?

Non è una questione di paesaggio, ma una questione di modalità di porsi rispetto a uno stile che si mantiene ed evolve... ho voluto imprimere alla Fondazione un'accelerazione su alcuni temi, sui quali c'erano potenziali inespressi, per esempio lo stesso rapporto con il mondo dei Beni Culturali, non solo a Treviso, ma in ambiti più larghi. Inoltre è stata espressa una modalità di rapportarsi con le istituzioni, privati, cittadini ecc., che potesse in qualche modo creare più vicinanza.

Ho pensato, nel bene e nel male, ovviamente, che il fatto di essere percepiti quasi esclusivamente o almeno prevalentemente come un Centro-Studi, mentre ci occupavamo anche di altro, aveva creato una certa distanza, facendoci ritenere in qualche modo “irraggiungibili ed elitari”, il che non era affatto vero. Io ho cercato di modificare il nostro modo di porci verso l'esterno in modo che questo mito fosse sfatato.

Nonostante questo, di fatto, il modo con cui svolgiamo il nostro lavoro non è molto cambiato.

 

La categoria cultura è ad ampio spettro... come viene declinata qui a Treviso e, dal suo punto di vista, proprio perché la Fondazione fa cultura, quali sono le realtà più vivaci, anche più accattivanti per talune caratteristiche...

Non si può non notare l'ingresso irruento dei ragazzi, che chiamo così perché sono molto più giovani rispetto a me, i ragazzi del Treviso Comic Book Festival, che stanno lasciando un segno molto significativo. Al di là di quello che loro fanno e dell'effettiva capacità, il valore della loro presenza secondo me si misura sul fatto di aver rotto certi schemi creando dei trasversalismi.

Per esempio, hanno creato – non so quanto coscientemente –, un ponte tra il mondo della cultura e il mondo del commercio, con l'offrire ai commercianti la possibilità di vedersi abbellita la vetrina. All'inizio nessuno le voleva, poi le hanno volute sempre di più e adesso ci sono tutto l'anno: è diventato un tratto distintivo.

Come modalità di rapporto con la città, con tale proposta culturale hanno rotto gli schemi, inducendo all'inizio un po’ di diffidenza e poi, fondamentalmente, unanime simpatia. Ed è un modo che qui a Treviso era non convenzionale, perché parliamo di Street Art in genere, che assomiglia un po’ per approccio a Fabrica, il cui modo di operare e di ricercare, però, non ha mai portato ad un “travaso” nella Città di Treviso, anche perché hanno sempre lavorato a livello internazionale senza investire molto nei rapporti alla scala locale.

Secondo me questi giovani sono la realtà che si segnala, perché hanno trovato un interessante trasversalismo, insomma rappresentano un modo alternativo e interessante di fare cultura a Treviso, mettendo in relazione molte figure istituzionali, che magari, prima, non si parlavano.

Il bello di Treviso è questo: c'è una moltitudine di associazioni, e anche di singoli, che lavorano nel mondo della cultura, e questo è ben testimoniato nel dossier presentato dal Comune per la candidatura a Città italiana della cultura 2020.

L’assessore alla cultura ha organizzato incontri con molte associazioni, micro-raggruppamenti, che fanno ottime cose e costituiscono un tessuto connettivo vitale della cultura in città.

 

Diventare Città della Cultura nel 2020... cosa significa?

Rendersi conto di quanto la cultura sia centrale per il progresso della città e della sua comunità, soprattutto in un periodo povero di punti di riferimento e molto “liquido”, per dirla alla Baumann.

Significa che una città di provincia come Treviso, a fronte dei suoi 80.000 abitanti ma al centro di una conurbazione ben più vasta per superficie e popolazione, può giocare un ruolo di coordinamento e guida per una grande area metropolitana, mettendo la cultura al centro del proprio progetto di futuro.

 

La partecipazione della Fondazione al progetto...

Il Sindaco Manildo ha chiesto al Presidente Luciano Benetton che la Fondazione entrasse nel comitato promotore e che il Direttore della Fondazione potesse assumere il ruolo di Presidente del Comitato Scientifico del progetto di candidatura.

La Fondazione ha risposto positivamente.

L'apporto della Fondazione si muove in continuità con quello che dicevamo prima, ossia con il tipo di impulso che ho dato negli ultimi anni.

Molte delle attività svolte dalla Fondazione possono diventare un elemento importante nell'ambito delle attività culturali proposte dal progetto di candidatura. Prima di tutto un progetto che ha trovato un assetto definitivo è quello della Città Dipinta, che sarà un elemento trainante nella misura in cui il Comune lo ha fatto proprio.

Lo stesso Premio Internazionale Carlo Scarpa, che si è sviluppato e articolato lungo 28 edizioni non è mai diventato come Pordenonelegge, non è mai stato visto come un elemento di distinzione per la Città, mentre sono convinto che possa rappresentare un elemento che porta ancora maggior prestigio a Treviso.

 

LA SHORT LIST non pare che possa fare paura...

Pensando con un po’ di “realpolitik”, sono convinto che le valutazioni saranno fatte nel modo più obiettivo possibile, ma penso anche che si cercherà, come consueto, un po’ di bilanciamento tra le varie aree geografiche: viste le affermazioni di Matera, Palermo e poi Pistoia, insomma, il Centro-Sud ha ricevuto molte attenzioni, quindi verrebbe da dire che sia arrivato il tempo per progetti di candidatura adeguati anche nel Centro- Nord...

Tutto ciò premesso, i competitori più forti sono, secondo me, la terna delle emiliane per motivi diversi, con una possibile presenza ingombrante di Reggio Emilia, che si è dimostrata ultimamente molto dinamica, con un sindaco particolarmente attivo e visionario, con azioni di rigenerazione urbana in piena sintonia con i capisaldi della candidatura.

Da lì possono venire fuori grandi risultati.

Secondo me, però, Treviso se la gioca alla pari.

 

Nella malaugurata ipotesi che non fosse scelta, che cosa può rimanere sul territorio del tanto lavoro svolto?

Questo deve chiederlo al Sindaco e non a me; a mio avviso, quel progetto dovrebbe essere attuato non dico allo stesso modo, perché ci sono contesti che cambiano, però fondamentalmente deve essere portato avanti anche se non si riuscirà a spuntare vittoria alla candidatura.

 

Le risorse disponibili vanno tutte alla prima città individuata?

Dicono che le prime dieci, in qualche modo, entrano in una cerchia di attenzione da parte del Ministero.

Vedo che è stata avviata un'opera particolarmente interessante, quella di cercare di creare una rete di città, che serva a dare contenuto a questi progetti, di cui si parla molto spesso, come la centralità della cultura anche per favorire l'inclusione sociale...

A me piacerebbe che una realtà urbana complicata come il Comune di Ostia si potesse candidare a città della cultura e vincesse: se avessi davanti il Ministro degli Interni Minniti gli direi che gli investimenti più forti in cultura andrebbero fatti e messi in campo al suo ministero e non a quello dei Beni Culturali, per promuovere la crescita di comunità che, cresciute in contesti sociali difficili, stentano a trovare una loro strada.

Servono eserciti di maestri e professori per strappare i territori alla mafia e alla malavita: questo non sono il primo a dirlo, lo dicono da tempo persone molto più autorevoli di me.

Insomma, cultura per ricostruire le trame della società, che ogni tanto si smagliano.

Bisogna invece stare attenti all'effetto effimero di certi eventi spettacolari, che ci sta ammaliando tutti.

La stessa idea dei festival è un po’ insidiosa, perché c'è il rischio di un proliferare di iniziative che vedono gli spettatori girovagare tra i vari eventi, prendendo di tutto un po’ senza un minimo approfondimento.

C'è spazio per questo e per quello, ma la tendenza di piluccare sta diventando troppo contagiosa, ed è parente di quanto si vede sui social.

E' l'insidia insita in questi grandi avvenimenti, sui quali poi se vai ad interrogare le persone che partecipano e cerchi di capire cosa sia stato detto, che cosa abbiano interiorizzato, non hai risposte.

E allora bisogna iniziare a preoccuparsi della valenza di questi eventi oltre l’effimero.

 

Fondazione Cassamarca, che dire?

Il Presidente per primo e la Fondazione Cassamarca hanno segnato in modo importante la storia del progresso culturale della Città, e dispiace vedere che da anni si sia ritrovata in una condizione di difficoltà operativa che rischia di stingere questa grande opera.

Sinceramente non mi sento di dare consigli, però mi dispiace perché si è creata una sospensione che, se non trova una sua evoluzione, rischia di cancellare molto del buono fatto: sarebbe un grande peccato per tutti.

 

E il Teatro?

E' figlio di questa situazione. Riescono a farlo funzionare però in una condizione che è tanto diversa da quella di 10 anni fa.

 

E su Marco Goldin?

E' un imprenditore veramente straordinario, ha una capacità organizzativa che sarebbe da attribuirgli un ministero.

Tutto ciò detto, lui è un interprete dell’attualità della cultura in Italia di grandissima capacità, di un certo modo di far cultura che punta ai grandi numeri.

Ma i grandi numeri rientrano nel discorso che facevamo prima.

C'è il rischio che queste operazioni di grande popolarità e di grandi numeri non portino ad una adeguata crescita culturale delle comunità.

È una battaglia di idee che non ha soluzioni definitive perché, come ricorderà, Eco e altri hanno alimentato tutta la disputa culturale su apocalittici e integrati, élite o grandi masse.

In uno degli ultimi suoi contributi sul senso della cultura Bauman dice che questa differenza non dovrebbe esistere più, non si può più dire che esiste una differenza tra alta e bassa cultura: è cultura e basta!

Secondo me, l'offerta di Goldin è spostata verso l’apertura al grande pubblico, con il rischio di non portare a una elevazione culturale non proporzionale alla notorietà dell’evento.

 È il classico tema sul quale si può dire tot capita tot sententiae!

Insomma è un'insidia proprio interna ai meccanismi di promozione culturale, caratterizzata da folle oceaniche, che arrivano da ogni dove: positiva la partecipazione, ma con il rischio che le persone si portino a casa poco.

 

Le due amministrazioni comunali, leghista e ora pd: come hanno interpretato la cultura?

Dal nostro punto di vista, paradossalmente, non vi sono particolari differenze.

Condivido con il nostro Presidente l'atteggiamento della Fondazione, Ente privato radicato a Treviso che non si occupa solo di Treviso, e cerca di costruire un rapporto franco e leale di collaborazione con l'Amministrazione Comunale.

Si lavora con chi c’è, e questo abbiamo fatto con il Sindaco Gobbo e Manildo, che hanno risposto ognuno secondo le priorità dell’amministrazione in carica.

pietro.panzarino@oggitreviso.it

 


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Pietro Panzarino - Vicedirettore

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