Un gala per l'Anguilla della Livenza

L'appuntamento è in programma questo sabato al Mulino di Villanova di Motta

| Giampiero Rorato |

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MOTTA DI LIVENZA - Sabato 20 ottobre, nel ristorante “Al Mulino” di Villanova di Motta di Livenza lo chef-patron Ottavio Nadalon, il più celebre e ricercato cuoco d’anguille del Trevigiano che ha ereditato la fama e la bravura che fu, fino alla fine del secolo scorso, dei Righetto di Quinto di Treviso, ha organizzato una serata tutta dedicata alla cucina dell’anguilla, con una serie di piatti tradizionali(nella foto sopra, anguilla della Livenza alla griglia) e soprattutto innovativi attesi da tanti buongustai, che in queste occasioni arrivano anche da lontano.

Ottavio Nadalon, che recentemente ha conquistato il primo premio in un concorso nazionale tenutosi nel Lazio, è stato nell’ultimo ventennio il grande promotore del rilancio gastronomico dell’anguilla della Livenza, che, al pari delle anguille del Sile e dello Stella, gode di fama pienamente meritata, per la delicatezza, il profumo e la bontà della sua carne. Ottobre è il mese più importante per gustare l’anguilla, poiché è proprio in questo mese che le femmine, lunghe, sode e muscolose, scendono il fiume iniziando il loro viaggio nuziale che le porterà al mar dei Sargassi, dove si riprodurranno.

Lo chef  Nadalon ha poi la fortuna di avere un rapporto privilegiato con l’ultimo pescatore d’anguille della Livenza, Felice Gazzelli (foto), conosciuto come “el Canarin”. Gazzelli ha imparato l’arte del pescatore dal nonno e poi dal padre e ha un figlio, anche lui pescatore, don Mauro, ma pescatore di anime, parroco di Cessalto, un prete giovano, molto amato e seguito dalla sua gente.



Fra i piatti che sabato sera Ottavio presenterà ai suoi ospiti non mancheranno, fra altre interessanti proposte, la sua celebre e premiata zuppa d’anguille, l’anguilla alla griglia e il “bisat coi amoi (foto sotto)”, il piatto storico dei rivieraschi della Livenza, tra Motta di Livenza e Torre di Mosto.

Ed ecco la storica ricetta del Bisat coi amoi (anguilla con le susine selvatiche).



Per 6 persone: 1500 g di bisatei (anguillette) Da 3-400 g l’uno, 200 g circa di amoi, olio extravergine d’oliva, 2 spicchi d’aglio, un pizzicotto di prezzemolo tritato, un ciuffo di rosmarino, 2 foglie di salvia, 2 foglie tenere d’alloro, 2 rotelle di limone, 2 cucchiai d’aceto, 3 cucchiai di salsa di pomodoro (o pezzi di pomodoro maturo), 1 bicchiere abbondante di vino bianco secco, farina di fiore, sale e pepe.

Preparazione: lava con grande cura e monda le anguillette al solito modo, eliminando la testa, quindi tagliale in rocchi sui 5-6 cm, infarinali e mettili a rosolare in un soffritto di olio e aglio, poi cospargivi il prezzemolo, aggiungi le foglie d’alloro, la salvia, il rosmarino, la salsa di pomodoro o i pezzi di pomodoro e il limone. Irrora il vino bianco e aggiungi gli amoi. Fa consumare lentamente il tutto, quindi sistema di sale e di pepe e metti la casseruola con i rocchi d’anguilla in forno, a fuoco basso, lasciandola per una decina di minuti. Quando i rocchi d’anguilla risultano cotti al punto giusto e presentano una carne tenera come il burro, trasferiscili su piatti caldi e mandali in tavola col proprio sugo di cottura  e polenta bianca calda, abbastanza consistente.

Trattandosi di un piatto di antica storia ci sono delle diversità da paese a paese ed anche da famiglia a famiglia.

 



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Giampiero Rorato

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