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20 aprile 2024

Conegliano

IL VIAGGIO DEI 100 AD AUSCHWITZ

Gli studenti di Conegliano raccontano il loro viaggio nell'Olocausto

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IL VIAGGIO DEI 100 AD AUSCHWITZ

Conegliano - Quello che vi sto per raccontare è un percorso avviato circa 10 anni fa dal liceo scientifico e dal comune di Conegliano, che oggi coinvolge tutta la città e le scuole locali.

Di cosa stiamo parlando?
Se citassi questo giorno? 27 gennaio… quanti effettivamente saprebbero rispondermi cosa si ricorda in questa data?

Alcuni non lo sanno, altri tergiversano, altri dicono lo sterminio del popolo ebreo nei lager nazisti, ma non è ancora esatto, in questa data ricordiamo anche i prigionieri di guerra di diverse nazionali-tà, compresi gli italiani che sono stati deportati, minoranze etniche e tanti altri ancora.

Per questo sono contenta che il 9, 10 e 11 febbraio 2009 siamo partiti per questa sorta di pellegri-naggio civile alla volta della Polonia, con precisione Auschwitz – Birkenau, seguendo le tracce di Ida Serafin, diciassettenne  di San Vendemiano deportata e morta in quel campo di sterminio perché il fratello era partigiano.

Il viaggio parte ufficialmente, il 9 gennaio e coinvolge oltre a numerose autorità come il sindaco Maniero, altri rappresentanti dell’amministrazione e consiglio comunale, docenti e studenti delle superiori in rappresentanza degli oltre 11mila studenti che frequentano le scuole della città, e altri civili.

Un viaggio veramente lungo, oltre 15 ore attraverso l’Italia, Austria, Repubblica Ceca e Polonia.

Partiamo  alle 5 del mattino da Conegliano, un signore con noi sull’autobus ci racconta qualcosa sulla Polonia, ad esempio che lì gli italiani vengono tuttora chiamati “Wlochy” che vuol dire cap-pelloni oppure che se noi dovessimo cercare cartelli con indicazioni per arrivare ad Auschwitz pro-babilmente non ci arriveremmo mai poiché nei cartelli troviamo scritto Oswi?cim,l’originario nome polacco che si è ritenuto più opportuno lasciare dopo la fine dell’occupazione tedesca.

Durante il viaggio conosco molte persone dagli studenti come me, alle Signore Giulia Perini e Ines Moretti i cui mariti sono stati due anni in alcuni dei campi di prigionia tedeschi. Mi mostrano foto, testimonianze e documenti vari attinenti i coniugi e i campi nei quali sono stati internati, sono ve-ramente emozionate e determinate a svolgere questo viaggio nonostante sia molto pesante.
Tutti lo affrontano con grande emozione e preparazione, i ragazzi ne sanno tanto e nei loro occhi c’è veramente un autentico interesse.

Arriviamo a Cracovia verso le 20.30, è stata una giornata molto stancante anche se abbiamo solo viaggiato, ma la parte più dura e toccante avverrà l’indomani.

Ho raccolto le impressioni dei partecipanti durante il viaggio di ritorno, l’11 febbraio in corriera comincio a intervistare, noi ragazzi abbiamo fatto amicizia, apriamo un dibattito in cui io chiedo lo-ro cosa ne pensano, cosa hanno provato varcando il famoso cancello del campo, sul quale compare la scritta tedesca “Arbeit macht frei”, ossia “il lavoro rende liberi”.
Comincia Nicola dell’IPSIA al 5 anno dice “questa è una grande iniziativa, peccato sia durata solo 2 giorni, la visita ai campi è stata veramente emozionante ma mi vien su una rabbia, mi sento impo-tente di fronte a quello che è successo, soltanto il pensiero di essere stati là, tutta quella gente inno-cente che è morta…” , Jenny, dell’IPSIA moda anche lei frequentante l’ultimo anno fa trapelare un po’ di malinconia dallo sguardo, “ad un certo punto mi sono talmente emozionata che sono dovuta uscire”, anche Giada, del 4 anno al “Marco Fanno” mi dice che veramente è stata un’esperienza for-te, soprattutto quando sono passati per delle stanze nelle quali erano raccolti, ad esempio, tutti i ca-pelli che venivano tagliati agli internati dopo le camere a gas, oppure dove c’erano una montagna di occhiali, o di scarpe. “una cosa sconvolgente” continuano i ragazzi. Loris Florian, rappresentante di istituto del “Cerletti” dice: “Bisogna prendere atto di questo, perché non possa più accadere, 3 ore non bastano a digerire il tutto, veramente è una cosa che ti fa riflettere”.



Al dibattito si aggiunge il sindaco di Conegliano, Alberto Maniero, che interagisce con noi, così ap-profitto per intervistarlo.

“Sindaco, cosa ne pensa dell’esperienza appena vissuta?”

“Beh, penso che di sicuro si ripeterà, sono stato presente anche l’anno scorso e sono contento che partecipino tutte le scuole. Ogni anno si rinnova il percorso di ricerca del legame con il nostro terri-torio, abbiamo visitato anche la “Baracca 21” dove è stata internata Ida Serafin.”

“Da chi avete appreso dell’esistenza di Ida Serafin e della sua storia?”

“Tutto è emerso da un’indagine del Professor Pucci e abbiamo intrapreso questo viaggio seguendo anche la sua storia.”

“Cosa le è rimasto maggiormente impresso?”

“Direi che questa esperienza ci è rimasta, si può vedere anche dai nostri occhi, un conto è parlarne, un’altro viverla. La cosa che mi ha toccato di più è stato quando ho visto tutte le scarpette dei bam-bini ammassate, ho pensato subito ai miei figli… mi terrorizza l’organizzazione della cosa, tutto è stato compiuto con estrema freddezza, non c’era una coscienza in questi individui.”

Nessuno è rimasto indifferente, la preside del “Marco Fanno”, la Dott.ssa Sabrina Antiga dice che è un viaggio sicuramente da ripetere, soprattutto per i giovani!

Le Signore Perini e Moretti, sono molto emozionate, dicono di essere rimaste profondamente segna-te da questa visita.
La Signora Perini dice: “veramente, è stato molto toccante, possiamo solo immaginare cosa abbiano dovuto passare i nostri mariti, quante privazione abbiano dovuto subire.”

Mi sto chiedendo come è possibile che un popolo intero sia andato dietro a un fanatico come Hitler e abbia potuto compiere in modo così sistematico e organizzato simili crimini, come abbiano fatto a passare sopra ad altri esseri umani, a prevaricare in modo così violento, trattando le persone peggio delle bestie, mi raccontano addirittura di un ragazzo fucilato perché aveva “rubato” un pezzo di pa-ne a un maiale… robe da matti, ora, nel 2009 si sventola la bandiera della così detta tolleranza, ma in molte parti del mondo anche in Italia, continuano massacri, violenze, guerre e a tutto questo dob-biamo dire basta! Le nuove generazioni devono avere l’intelligenza e l’abilità di educare al rispetto reciproco, mi sono scontrata con l’ignoranza di certa gente che non riteneva opportuno ricordare 27 gennaio, anche con delle celebrazioni perché non la riguardava personalmente,  prendere atto di quanto è accaduto serve tantissimo, ci serve soprattutto per non commettere di nuovo quegli errori! Parlando con dei ragazzi ho trovato gente che non sapeva cosa fosse l’Olocausto, o chi addirittura pensava che fosse una giornata CONTRO gli ebrei, persone, (anche adulti) che non sanno dire con precisione chi è Adolf Hitler, ecco allora io direi a tanta gente di spendere un po’ di tempo della propria vita, di lasciare da parte l’ipocrisia e la superficialità, di prendere lo zaino e andarsi a visita-re un campo di concentramento o semplicemente consultare un libro di storia.
Ricordatevi solo chi ha memoria ha futuro e può costruirsene uno che vale la pena di essere vissuto.

Valentina Da Ronch

 


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