Well: attention please! Da domani, quando entrate in un Mc Donald's (il tempio del cibo trash but good; leggi: spazzatura niente male) potete...mangiare come parlate.

Il ministro Luca Zaia ha infatti prsentato oggi, nella storica sede del McDonald’s di Piazza di Spagna, con tanto di polpetta tonda tra le mani e il McSmile che lui sa improvvisare, la linea McItaly: una teoria di panini e insalate preparati con il 100% di prodotti italiani: carne nazionale, olio extravergine di oliva, Asiago Dop, Bresaola della Valtellina Igp, pancetta della Val Venosta, grano saraceno, cipolle di Tropea e carciofi romani.

Per iniziare, McItaly sarà distribuito nei 392 punti vendita italiani, ma dovrà diventare un must internazionale, consentendo ai prodotti del Made in Italy di fare il giro del mondo.

“McItaly è un grande obiettivo che mi ero prefisso e che è stato realizzato - ha detto Zaia -, consentendoci di guardare al futuro e di allargare gli orizzonti della nostra agricoltura. Un network mondiale come McDonald’s rappresenta un importante sbocco in nuovi segmenti di mercato per i nostri contadini. La nostra agricoltura non poteva perdere quest’occasione, come dimostrano i numeri: 1000 tonnellate di prodotti italiani utilizzate, per un valore di 3,5 milioni di euro”.

Felice di aver messo le "scarpe sporche di terra" nel fast food per antonomasia, Zaia ha battezzato polpette e panini citando addirittura Ignazio de Loyola: “I gesuiti, a cui veniva chiesto perché parlassero con gli infedeli, rispondevano: meglio evangelizzare chi non crede. McItaly - ha dichiarato il ministro Zaia - ci consentirà di dialogare con i giovani, lavorando sul loro imprinting gustativo: il 31% dei clienti McDonald’s, infatti, ha un’età compresa tra i 20 e i 35 anni, l’11% tra i 15 e i 19. Siamo per la tutela del Made in Italy, per la difesa della nostra identità, e proprio per questo non possiamo fermarci alle modalità di distribuzione: dobbiamo guardare alla qualità. McItaly è questa qualità, il primo panino interamente tracciato, non anonimo, attraverso cui oggi globalizziamo l’identità dell’agricoltura italiana”.