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20 aprile 2024

Treviso

71 giovani trevigiani ambasciatori all'Onu

Da Treviso a New York, per rappresentare, e difendere, un paese

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TREVISO - Sono una settantina i giovani trevigiani fra i 16 e i 19 anni che ogni lunedì pomeriggio si incontrano presso il collegio Pio X a Treviso. Da inizio novembre seguono lezioni che spaziano dalla storia contemporanea alle tecniche di negoziazione, con accenni di geopolitica e di linguaggio diplomatico. Tutto questo con un unico obiettivo: raggiungere New York in qualità di ambasciatori dell'Onu.

 

A inizio marzo saremo chiamati alle Nazioni Unite (sono anche io una della fortunata settantina) per cercare soluzioni su temi di attualità come i diritti umani, l’ambiente, le energie rinnovabili, la globalizzazione. In seriose giacche e cravatte o in gonne e tacchi per le più audaci, verremmo divisi in specifiche commissioni in base all’argomento e ognuno di noi sarà impegnato ad immedesimarsi in uno dei 193 paesi membri dell’Onu. E in qualità di delegato cercherà di difenderne l’immagine e l’interesse.

 

Se fossimo tutti ambasciatori di una nazione essenzialmente democratica in cui i diritti sono rispettati e la linea d’azione rispecchia fedelmente un’etica collettiva largamente diffusa, allora questo sarebbe un compito “semplicemente” difficile. Ma rappresentare un paese in piena crisi sociale, politica e culturale (così come è capitato alla maggior parte di noi) è la vera sfida. In aree dove la vita vera si contrappone ai comunicati stampa del governo, cercare una mediazione fra una realtà ideale e una concreta è l’unico compromesso in nome di giustizia e uguaglianza. E qualche volta, per quel piccolo scorcio che ci viene concesso sul mondo internazionale, qualcuno di noi ha l’impressione che diplomazia e ipocrisia si mescolino come in un vortice dove è difficile definire dove sia la fine dell’una e l’inizio dell’altra.

 

Naturalmente nessuno di noi è così ingenuo da credere che determinati argomenti siano risolvibili in un paio di giorni fra le ampie e splendenti sale dell’ Hilton hotel (saremo alloggiati lì, anche per motivi di sicurezza interna), eppure siamo lusingati di poter toccare concretamente risoluzioni internazionali e poter allungare una mano - forse intangibile e magari abbastanza debole- o semplicemente dare un cenno di apertura umana. Noi abbiamo la possibilità di aprire un piccola finestra su una visione globale del nostro pianeta, in cui gli stati sono interconnessi fra di loro attraverso un passato imprescindibile e nuove future prospettive.

 

Un compito difficile? Qualcuno è preoccupato di non ricordarsi le procedure formali da tenere durante le discussioni e qualcun altro di non riuscire a formulare qualche frase in un inglese quantomeno comprensibile, ma l’entusiasmo di partire sovrasta dubbi e incertezze. Non vediamo l’ora di toccare il suolo americano (contiamo alla rovescia i giorni che ci separano dalla grande Mela). E a tutto questo si aggiunga pure che trovare un’esperienza di ambasceria nel curriculum di una neanche - diciottenne non è certo un aspetto da sottovalutare.

 

Giulia Da Dalt

 


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