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25 aprile 2024

Treviso

All’ospedale di Treviso impiantato il primo pacemaker senza fili

ll paziente a cui è stato impiantato il dispositivo è uno tra i primi a livello nazionale

| Isabella Loschi |

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All’ospedale di Treviso impiantato il primo pacemaker senza fili

TREVISO - All’ospedale Cà Foncello di Treviso impiantato il primo pacemaker senza fili. La notizia arriva proprio nella giornata del cuore, che si celebra oggi. Nell’Unità operativa complessa di Cardiologia dell’ospedale di Treviso diretta da Carlo Cernetti, si è effettuato il primo intervento con pacemaker senza fili (leadless). L’équipe medica di Elettrofisiologia, che ha effettuato l’intervento, era composta da Martino Crosato, Luca De Mattia e Paolo Squasi diretti dal responsabile, Vittorio Calzolari. 

Il pacemaker leadless, che ha la capacità di percepire l’attività atriale garantendo quindi il mantenimento della sincronizzazione elettrica tra le camere cardiache, è una delle più importanti innovazioni nell’ambito della cardiostimolazione. Prodotto negli Stati Uniti e disponibile sul mercato da poco tempo, viene impiantato in casi selezionati in centri specializzati. Fino ad ora il pacemaker senza fili era assimilabile ad un pacemaker molto semplice, ossia in grado di stimolare il ventricolo ogniqualvolta la frequenza scenda sotto determinati valori.

Recentemente tale tecnologia è stata implementata con un sofisticato algoritmo che, mediante una complessa analisi del movimento stesso del dispositivo all’interno del ventricolo, riesce a individuare nel tempo l’attività atriale così da erogare poi lo stimolo di attivazione ventricolare corretto dopo il recepimento della contrazione atriale, garantendo la fisiologica sequenza di attivazione delle camere cardiache: prima l’atrio, quindi il ventricolo, permettendo un miglioramento della performance cardiaca e evitando un corteo di possibili sintomi.

Il paziente a cui è stato impiantato il dispositivo (uno tra i primi sia in ambito regionale sia nazionale), era un portatore di pacemaker da lunga data avendo eseguito il primo impianto nel 1987 per blocco atrioventricolare completo.  Recentemente il paziente aveva presentato segni e sintomi di infezione a livello del device che hanno reso necessaria la rimozione dell’intero sistema precedente: si è trattato di intervento molto impegnativo e ad elevato rischio.

L’intervento, che prevede l’inserimento del dispositivo da una vena della gamba, è avvenuto con successo senza complicanze e il pacemaker da subito ha ripristinato la corretta contrazione cardiaca, risolvendo immediatamente i sintomi lamentati dal paziente.

 


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Isabella Loschi

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