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29 marzo 2024

Vittorio Veneto

I CHILOMETRI DI VITA DI ETTORE MORETTO

La trama aziendale e l’ordito privato di un imprenditore che ha fatto la storia del maglificio artigianale

| Emanuela Da Ros |

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| Emanuela Da Ros |

I CHILOMETRI DI VITA DI ETTORE MORETTO

VITTORIO VENETO - Ettore Moretto ha 90 anni. Vedovo di Anna Marchesini, ha tre figli e sette nipoti. Vive solo e percorre quattro chilometri al giorno. Un dettaglio? No.

Poiché ha problemi alle gambe, Ettore Moretto percorre quattro chilometri al giorno con un carrello che lo aiuta a spostarsi in autonomia. Un carrello (accessorio non accessorio) con cui dimostra a se stesso, a tutti noi, che una piccola difficoltà fisica è nulla di fronte alla volontà. Di camminare ancora, di girare per la città, di andare al bar per un caffé, una colazione, una chiacchierata. Per venire in redazione a raccontare la lunga storia della sua vita, della sua famiglia.

Questa storia.

La famiglia Moretto. Il cognome Moretto a Vittorio Veneto è associato alla maglieria, ai filati, alle macchine da cucire. Non è un caso. La storia aziendale-familiare dei Moretto inizia nel 1929. E’ il periodo tra le due guerre: nessuno se la cava bene.

Il padre di Ettore, Bartolomeo (Bortolo) Moretto (classe 1871) decide di prendere casa in via Calcada a Serravalle e di aprire un laboratorio di filati.

Passo indietro. Parlando del padre, Ettore Moretto ricorda che Bortolo fu uno dei primi veneti a emigrare in Brasile in cerca di fortuna. “Nel 1887, a 16 anni, - ricorda Ettore - si era imbarcato su una nave- trasporto merci con una valigia fatta per due terzi di legno e per un terzo di stoffa. Doveva raggiungere, prima dei 18 anni, una moglie (sposata per procura) per avere la cittadinanza. A Rio de Janeiro, Bortolo Moretto impara ad andare a cavallo e a cacciare bufali (di queste prede venivano consumate le cosce; il resto del corpo dell’animale sfamava i condor). Un giorno però, a causa di un “pugno di fango” che gli finisce in un occhio, Bortolo Moretto prende un’infezione, rischia la cecità e decide di tornare in Italia. Arriva a Venezia, dove - al bar Quadri (il miglior locale di fine Ottocento) fa il contabile, il ragioniere del vassoio.

A 39 anni, Bortolo sposa Annamaria Dal Min che gli dà 4 figli: Adelia, Marì, Dina (che ha 93 anni e vive a Conegliano) e Ettore, classe 1921.

L’azienda Moretto. Quando Ettore nasce, suo padre ha 50 anni. Porta in giro il figlioletto dicendo ironicamente che “l’è al fiol del prete”.

Poi – dicevamo – Bortolo prende casa in via Calcada a Serravalle e apre il primo laboratorio artigianale di filati e maglieria. Ospiti di quel laboratorio sono cento conigli: 90 servono a sfamare la famiglia, dieci a fornire un po’ di pelo d’angora.

Passano gli anni. Nel 1950 i Moretto aprono un primo negozio-bottega di maglieria in piazza Flaminio. Anna, la prima impiegata, assunta con le mansioni di operaia, diventerà la moglie di Ettore.

I Moretto lavorano. Tutti insieme, in una stanza. Faticano a pagare l’affitto e a mangiare. Ma c’è vita, lavoro. C’è la voglia di farcela.

Intanto la Necchi, una grande azienda nazionale cerca un agente commerciale di zona. Ettore Moretto si fa avanti. Conosce Adriana Benetton e allaccia con la famiglia più importante del settore “maglificio” un rapporto d’amicizia e di stima.

Nel 1970, Ettore Moretto – ricorrendo a un mutuo (inutile ricordare la cifra in lire), acquista un terreno in centro città. Costruisce un palazzo e apre un grande maglificio. Più tardi si trasferisce nella zona industriale di San Giacomo per continuare un’attività che – in modo altalenante - vive dei successi e delle crisi del settore. E la moglie gli dà tre figli: Mauro, Alessandra e Andrea.

Il futuro. Il futuro è già qui. E la vita va avanti. La famiglia, il maglificio, i “Moretto” crescono. A vigilare su questa storia di fili esistenziali tessuti dal tempo, dall’amore, dalle circostanze e – fuori da ogni meccanica metafora – dalle macchine da maglieria resta soprattutto Ettore. Che, a 90 anni, col suo carrello che lo spinge avanti per quattro chilometri al giorno, e una vita piena di protagonisti e di fatti da raccontare, arriva a lambire le nostre pagine. A lasciarci, con discrezione, la voglia di conoscere.

Ruzzante, cinquecento anni fa, si chiedeva: “Qual è il vero valore di un uomo? È forse campare assai? Ci sono uomini oggi che riescono a raggiungere e superare i cento anni di età, eppure di loro ci accorgiamo solo al momento in cui muoiono. Alla loro vita, da vivi, nessuno aveva fatto caso.” Questo non è il caso di Ettore Moretto, che la sua vita ce l’ha raccontata a tratti, a puntate, a lacrime. E che abbiamo riportato in una sorta di sinossi. Ruzzante diceva anche: “Non conta il tempo della tua vita, conta il peso degli atti che hai lasciato”. Il papà di Ettore Moretto gli ha lasciato il peso di continuare a dare un peso a un semplice gesto: quello di andare.

 

 


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