La cucina trevigiana è ancora quella della nonna?
Guardare al futuro senza dimenticare le proprie radici: l'esempio di Alessandro Breda, chef-patron del Gellius di Oderzo
ODERZO - La vera cucina trevigiana è ancora quella della nonna? Non è facile rispondere perché anche nella Marca Trevigiana c’è una continua evoluzione, un lento ma costante rinnovamento dovuto a tanti fattori.
Come ad esempio le mode, i prodotti nuovi, una cultura alimentare in evoluzione, le affinate professionalità di diversi cuochi, il minor tempo dedicato in casa alla preparazione del cibo, il bombardamento di trasmissioni televisive dedicate alla cucina, l’arrivo nei paesi e nelle città di cittadini provenenti da altre parti d’Italia e molti anche dall’estero.
E allora? Doveroso cercare di capire cosa è successo sia nel mondo della ristorazione che nelle stesse cucine casalinghe negli ultimi decenni.
Partiamo proprio da quella che è chiamata “la cucina della nonna”, che ha accompagnato la vita nelle nostre case fino agli anni ’50-60 del secolo scorso quando, con la fine della mezzadria e lo sviluppo della “civiltà industriale” le vecchie famiglie patriarcali si sono frantumate e si sono velocemente diffuse le famiglie “mononucleari”, cioè i due coniugi e, quando arrivavano, i loro figli. E magari in famiglia lavorava anche la moglie e, in quel momento, la storica “cucina della nonna” è rimasta quasi solo un ricordo.
La semplificazione della cucina Da allora, infatti, tutto è cambiato e nella ristorazione anche italiana e veneta si sono succedute diverse fasi: innanzi tutto la “Nouvelle cuisine” (sviluppatasi in Francia all’inizio degli anni ’70 e introdotta in Italia da Gualtiero Marchesi.
Poi è piombata anche da noi la “Cucina fusion” (sviluppatasi negli anni ’80 e dovuta alla moda introdotta anche in Europa da importanti cuochi soprattutto orientali). Negli anni ’90 è comparsa la “Cucina molecolare”, fatta conoscere in Italia da Ettore Bocchia, chef al Grand Hotel Villa Serbelloni a Bellagio, sul Lago di Como).
Con l’inizio del nuovo secolo esplode, grazie anche alle tante trasmissioni TV la “Cucina spettacolo”, nella quale l’apparenza ha più importanza della sostanza, per cui non importa la qualità della materia prima purché sia utile a ottenere dei piatti capaci di sbalordire. Da qualche anno in qua, grazie a tanti bravi cuochi, la qualità della materia prima impiegata e la sostanza del piatto sono ritornati a prevalere, anche se sono costantemente in atto due elementi: la ricerca del piatto esteticamente bello e la ricerca di corretti equilibri fra gli ingredienti impiegati.
Credo sia interessante approfondire le varie fasi vissute dalla cucina, anche veneta e trevigiana, negli ultimi cinquant’anni, ma per dare inizio a questa rubrica, vediamo in quest’occasione un cuoco di grande valore che ha attraversato direttamente o indirettamente le fasi prima ricordate.
Alessandro Breda
Alessandro Breda è un personaggio molto importante nella realtà della cucina trevigiana, veneta e italiana, con alle spalle un ottimo curriculum: dopo la scuola alberghiera e le prime esperienze vicino a casa lo troviamo dall’’89 al ’92 è stato a fianco di Gualtiero Marchesi (allora tre stelle Michelin e, da sempre, il più importante chef italiano), poi è andato ad affinare la sua preparazione professionale al Tantris di Monaco di Baviera (due stelle Michelin), quindi all’Enoteca Pinchiorri di Firenze (tre stelle Michelin), per concludere il suo viaggio iniziatico all’Hotel “The Regent – Four Seasons” a Londra, uno dei locali più raffinati e internazionali della capitale inglese.
Dopo questo percorso che gli ha permesso di conoscere le tante sfaccettature della vera grande cucina internazionale, Alessandro Breda è tornato in Italia, in provincia di Treviso, e con due amici ha aperto il Capitello a Corbanese di Tarzo e, nel 2001 ha realizza il suo grande sogno ed è arrivato al Gellius di Oderzo, uno dei locali più affascinanti e interessanti del Trevigiano, ma non solo.
“Si deve guardare a quello che succede attorno a noi, confrontandosi e imparando, ma non si deve storpiare la nostra italianità
”
Ma la sua, ci chiediamo, è cucina internazionale, italiana o trevigiana? “Certamente si deve guardare a quello che succede attorno a noi – risponde - confrontandosi e imparando, ma non si deve storpiare la nostra italianità”.
Il riferimento, chiarissimo, va al recente riscontro e fascinazione esercitati dalla cucina nordica, fatta di fermentazioni, componenti acide ed esaltazioni di ingredienti di boschi e terre marine. Come dire che un cuoco serio non deve rincorrere le mode, spesso estemporanee e le radici di un ristorante devono essere ben piantate sul territorio.
Ogni cuoco serio deve conoscere la storia, la cultura alimentare e i prodotti del territorio dove opera e, su queste basi, aggiungere la sua arte frutto di studio e serietà professionale.
Il territorio e la cucina
Afferma Alessandro Breda: “Da tempo ho cercato di fare una cucina legata al territorio e consapevole delle sue radici e mi accorgo sempre più di voler rappresentare la cucina italiana, con gusti che incarnano la nostra tradizione e sapori che abbiamo nel nostro patrimonio genetico”.
Ha commentato la gastronoma Caterina Vianello: “Ecco un approccio che da un lato rifiuta di seguire mode e tendenze solo per una rincorsa della novità, e che dall’altro si propone di valorizzare i singoli ingredienti con un’attenzione estrema alla stagionalità e alla salubrità.”
“La cucina deve assumere la materia prima come elemento principale e per questo i piatti devono avere una pulizia complessiva che ne definisce il carattere
”
Afferma ancora Alessandro Breda: “La cucina deve assumere la materia prima come elemento principale e per questo i piatti devono avere una pulizia complessiva che ne definisce il carattere e il piatto deve essere subito leggibile, costruito con una logica e deve essere semplice”.
E Caterina Vianello ha così commentato: “La pulizia di cui parla Breda non è certamente e soltanto una questione estetica, elemento ovviamente rilevante ma che da solo si rivelerebbe un esercizio di stile: è piuttosto una valorizzazione estrema di sapori, gusti, consistenze, senza che si crei confusione nel palato e lasciando che ogni ingrediente sia invece riconoscibile e che contribuisca a rendere unico e perfetto ogni assaggio. Breda non esclude certo la padronanza di tecniche e attrezzature ma garantisce una comprensibilità sensoriale e una piacevolezza immediata, considerando che si cucina non per se stessi ma per il cliente. E così la filosofia di Breda si ritrova sia nei piatti sia nel modo di costruire il menu.”
Per capire la cucina di Alessandro Breda, uno dei grandi chef della cucina italiana, presenteremo e commenteremo prossimamente alcune sue proposte.
Giampiero Rorato