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19 aprile 2024

Nord-Est

Election day per autonomia del Veneto?

Intervista al costituzionalista Sandro De Nardi

| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

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| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

 Election day per autonomia del Veneto?

PADOVA - Il tema del referendum per l'autonomia del Veneto è particolarmente ricorrente negli ultimi tempi e ha al suo attivo diverse puntate: l’ultima delle quali riguarda la richiesta ufficiale di un election day rivolta dalla Regione al Governo, con la lettera già pubblicata su OggiTreviso.

Va ricordato che in precedenza, con riferimento all’ipotetico referendum sulla indipendenza del Veneto, che era stato votato con apposita legge dal Consiglio regionale del Veneto, si era aperta una grande campagna per raccogliere i soldi necessari per poterlo celebrare senza gravare sulle casse regionali: tuttavia nel conto corrente ad hoc che era stato appositamente aperto vennero versate solamente poche migliaia di euri, che la Regione – sulla scorta della decisione della Corte costituzionale che nel frattempo ha bocciato in toto quel referendum – ha poi dovuto restituire: insomma un autentico flop!

 

Per chiarire da un punto di vista tecnico il quadro giuridico entro cui si colloca la richiesta che il Presidente Zaia ha rivolto al Governo, ci siamo affidati ad un docente universitario in Istituzioni di diritto pubblico, l'avvocato Sandro De Nardi (in foto), costituzionalista dell'Università di Padova.

 

1) Professore, come valuta la mossa del Presidente Zaia di inviare una lettera a Roma alle massime cariche istituzionali per chiedere l'abbinamento del referendum veneto sull'autonomia con quello costituzionale?

Sul piano formale è pressoché un atto dovuto: in effetti è la legge regionale veneta n. 15/2014 che gli impone di compiere tale passo, con l'obiettivo evidente di cercare di risparmiare un po' di soldi del bilancio regionale, visto che la spesa stimata per celebrare il referendum sull'autonomia ammonta a circa 14 milioni di euro.

Inoltre, va pure ricordato che la legge regionale n. 15/2014 è stata appositamente modificata dal Consiglio regionale nel 2016 - prevedendo per l'appunto un eventuale abbinamento del referendum autonomistico anche con "consultazioni referendarie di carattere nazionale" - proprio allorquando si è fatta concreta l'ipotesi che nel prossimo mese di ottobre si sarebbe celebrato a livello nazionale il referendum sulla cosiddetta 'riforma Boschi'.

Dunque se il Presidente Zaia non facesse un simile tentativo si assumerebbe una responsabilità non solo politica, ma anzitutto giuridica, per la quale un domani pure la Corte dei conti potrebbe chiedergli pesantemente conto ...

 

2) E sul piano sostanziale come giudica la richiesta del Presidente?

Beh, sotto questo profilo sono dell'idea che l'election day sollecitato da Zaia - vale a dire la celebrazione in una unica giornata dei due referendum, quello regionale e quello nazionale - non sia giuridicamente praticabile: a mio avviso è dunque un tentativo che, verosimilmente, è destinato a naufragare.

 

3) Scusi, perché mai lo Stato non dovrebbe essere favorevole all’abbinamento in una sola giornata dei due referendum grazie al quale il Veneto potrebbe risparmiare un bel po' di soldi?

Guardi la risposta alla richiesta di un election day non può essere data, badando semplicemente al risparmio di spesa di cui beneficerebbe la Regione Veneto. Metterla in questi termini significa banalizzare la questione in chiave meramente politica, magari per cogliere il pretesto – politico - per scagliarsi ancora una volta contro il Governo di Roma, 'reo' di aver detto di no, mentre avrebbe potuto/dovuto dire di sì. In realtà, vi sono varie ragioni giuridiche, anzitutto di rango costituzionale, che secondo me giustificherebbero ed anzi rendono auspicabile il mancato accoglimento da parte dello Stato della richiesta di Zaia.

 

4) Può elencarne qualcuna?

Anzitutto va premesso che trattasi di due referendum radicalmente diversi, sotto una molteplicità di profili: sul punto esiste pure una consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale che, anche con riferimento ai pregressi tentativi del Veneto di far celebrare un referendum sull'autonomia, ha rimarcato le abissali differenze tra i due istituti. Nel concreto caso di specie, poi, l'eventuale abbinamento delle due consultazioni sarebbe addirittura irragionevole e dunque gravemente viziato.

 

5) Cosa intende dire?

Per comprendere la mia conclusione occorre chiarire bene, in via preliminare, del fatto che l’unico quesito referendario, che ha ottenuto il via libera dalla Corte costituzionale - con la sentenza n. 118/2015 - é solamente quello volto a chiedere ai veneti se sono d'accordo sulla circostanza che la loro Regione ottenga maggiori forme e condizioni di autonomia nelle forme e nei limiti che sono sanciti dal vigente art. 116, terzo comma, della Costituzione.

In concreto, il solo quesito che ci verrà posto sarà infatti il seguente:< Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?>.

Ebbene, questa premessa è davvero importante perché, diversamente da quanto talvolta si sente dire, la Corte costituzionale con una interpretazione sostanzialmente adeguatrice del quesito a suo tempo formulato dal Consiglio regionale del Veneto ha espressamente voluto ancorare il referendum autonomistico solo e soltanto all'attuazione di quello specifico precetto della Costituzione e comunque nel più generale contesto del Titolo V oggi in vigore.

Quindi non ha affatto dato il via libera ad un referendum consultivo con cui si chieda ai veneti se desiderano che venga avviata una trattativa a trecentosessantagradi che permetta di formulare una lista potenzialmente infinita di pretese da avanzare a Roma o che in ipotesi sia volta a rendere possibile la trasformazione della nostra regione ordinaria in una regione a statuto speciale come il Trentino-Alto Adige.

Se dunque il referendum veneto deve essere giocoforza legato a quanto prevede oggi l'art. 116, terzo comma, Cost. nell'ambito dell'attuale assetto regionalistico italiano, occorre domandarsi come si può pensare che esso venga celebrato nella stessa giornata in cui, con una scheda diversa, si chiede all'intero popolo italiano - e dunque anche ai veneti! - se approvano o meno la cosiddetta ‘riforma Boschi’ che, nel caso in cui vincessero sì, finirebbe pure per modificare radicalmente il contenuto dell'art. 116, terzo comma, Cost. (soprattutto in relazione alle materie per le quali è possibile chiedere “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”).

È insomma del tutto evidente che l'eventuale provvedimento che abbinasse le due consultazioni sarebbe probabilmente viziato da incostituzionalità, e non solo per irragionevolezza.

 

6) Perché?

Perché si domanderebbe ai veneti di votare praticamente al buio, di giocare una partita al termine della quale potrebbero scoprire che le regole del gioco sono nel frattempo cambiate: in particolare, i veneti sarebbero chiamati a esprimere un sì o un no sulla base di un precetto e di un Titolo V della Costituzione, che potrebbero essere profondamente - e paradossalmente! - modificati proprio dall'esito positivo dell'altro referendum, quello costituzionale.

Tale situazione schizofrenica recherebbe dunque una ferita gravissima a taluni principi della nostra Costituzione: la quale richiede che al corpo elettorale sia assicurata, tra l'altro, la libertà del voto.

Quest'ultimo è un principio di basilare importanza che non può essere sacrificato, men che meno per contingenti ragioni di cassa: perché mira a tutelare, a proteggere, gli elettori da indebiti condizionamenti incidenti sulla determinazione del voto e a garantire la genuinità e la consapevolezza del valore che assume un sì o un no.

Come può dirsi dotato della necessaria chiarezza un quesito referendario, in cui viene chiesto al votante se é favorevole allo sfruttamento, da parte della Regione Veneto, di una opportunità offerta sin dal 2001 dalla vigente Costituzione, sapendo in partenza che, una volta chiusi i seggi, l'intero popolo italiano potrebbe aver deciso di modificarla?

Ma non basta. Difatti, l'abbinata dei due referendum sarebbe esiziale anche perché potrebbe pure falsare o comunque pregiudicare la genuinità del voto dei veneti sul referendum nazionale, finendo cioè - per dirla con la Corte costituzionale - per influire "sull'ordine costituzionale e politico dello Stato".

In particolare, nella nostra Regione l'esito del referendum nazionale rischierebbe di essere pesantemente condizionato da quello consultivo sull'autonomia: minando addirittura la libertà del voto - esso sì davvero importante e decisivo! - sulla riforma costituzionale; e non è certo un caso che l'unica ipotesi di accorpamento contemplata dalla vigente legge ordinaria, che disciplina il referendum costituzionale sia quella di cui all'art. 15 della legge n. 352/1970: la quale consente che, eventualmente, si celebrino in contemporanea solamente due referendum costituzionali.

 

7) Se, come lei sostiene, verosimilmente il Governo respingerà al mittente la richiesta di Zaia, il referendum veneto sull'autonomia potrà essere celebrato in una qualunque data liberamente scelta dal Presidente del Veneto?

Per quanto ho già detto, da un punto di vista cronologico sarebbe del tutto irragionevole chiamare i veneti ad esprimersi prima che si conosca l'esito del referendum nazionale. Dopodiché si tratta di capire se il Presidente, in base alla legislazione vigente, possa procedere comunque alla indizione del referendum senza dover attendere che la sua celebrazione, sempre al fine di renderla meno gravosa per il bilancio regionale, avvenga in concomitanza con lo svolgimento di future elezioni politiche o amministrative o referendarie nazionali (diverse, ripeto, da quello concernente la cosiddetta 'riforma Boschi').

Sul punto la formulazione letterale impiegata dall'art. 4 della legge regionale n. 15/2014 fa in effetti sorgere dei dubbi: tant'è che se fossi nei panni del Presidente Zaia sarei alquanto prudente prima di chiamare alle urne i veneti, addossando l'intera spesa del referendum sulle finanze regionali.

D'altra parte, se non erro, ad oggi non risultano nemmeno stanziati fondi sufficienti per poter celebrare in proprio il referendum autonomistico: posto che il Consiglio regionale ha autorizzato una spesa massima di soli 3.950.000, a fronte dei circa 14 milioni necessari.

Mancano dunque all'appello poco più di 10 milioni di euro: non già pochi spiccioli!

pietro.panzarino@oggitreviso.it

 


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