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25 aprile 2024

Esteri

Etiopia: prossima al genocidio

Gli scontri tra governo etiope e ribelli tigrini stanno causando odio e morte

| Irene Zorzenoni |

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| Irene Zorzenoni |

Etiopia

ETIOPIA – È prioritario un immediato “cessate il fuoco” in Etiopia, dove il conflitto tra forze ribelli e governative ha allarmato la comunità internazionale per un possibile “nuovo pericolo di genocidio”. Dopo che nel 2019 il premier Abiy Ahmed ha deciso di sciogliere il Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope, coalizione trentennale composta da diversi partiti interetnici nazionali tra cui il Tpfl (Fronte Popolare di liberazione del Tigrè), i ribelli tigrini hanno guidato un’avanzata contro Addis Abeba, la capitale.

 

Durante le ostilità sono state commesse una serie di violazioni imputabili a entrambe le parti. Solo però al governo etiope, appoggiato dal governo regionale di Amhara e lo stato dell'Eritrea, possono essere attribuite decisioni assolutamente lesive della dignità e della vita del popolo Tigray. “Genocidio definisce tutti gli atti commessi con l’intenzione di distruggere, del tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”: stabilisce la Convenzione per la Prevenzione e Pena dei crimini di genocidio.

 

Nelle ultime settimane il governo etiope ha promosso discorsi d’odio contro la comunità tigrina, definendola “cancro”, “erbaccia” e “terrorista”. La visione di “nemico” della nazione ha solo alimentato un sentimento di insofferenza già presente all’interno della popolazione, minando ulteriormente il concetto tanto ambito di “unità nazionale”. È importante ricordare, come comunica Antonio Guterres, che “i discorsi d’odio sono un attacco alla tolleranza, all’inclusione e alla diversità e alla vera essenza dei diritti umani. Mettono in pericolo la coesione sociale, corrodono valori condivisi, e possono costituire terreno fertile per commettere violenze, abbattere la pace e la stabilità, lo sviluppo sostenibile e la realizzazione dei diritti umani nella loro totalità”.

 

Ma c’è di più. Numerose milizie e gruppi di vigilanti sarebbero state mobilitate e autorizzate a utilizzare la forza dal governo etiope solo ed esclusivamente nei riguardi del popolo del Tigray. La voce delle minoranze è stata spenta. Il governo ha messo a tacere i giornalisti e intimidito i civili etiopi che cercano di aiutare il “nemico”. Inoltre, interna e detiene migliaia di civili tigrini, di cui 30.000 solo nella capitale Addis Abeba nelle ultime settimane.

 

Dopo che anche l’Italia ha invitato i propri cittadini a fare rientro nel Paese e che numerosi Stati stanno facendo lo stesso, ci si aspettava che un aiuto venisse assicurato all’Etiopia, prossima alla guerra. Il primo ministro ha infatti comunicato che guiderà delle truppe verso Macallè, capoluogo della regione del Tigrè, per combattere fianco a fianco con i militari contro il Tpfl: "È tempo di guidare il Paese attraverso il sacrificio. Domani mi unirò al fronte per guidare le forze di difesa", ha scritto. Poi un appello agli etiopi: "Coloro di voi che aspirano a essere ricordati nella storia si sacrifichino per il proprio Paese. Ci vediamo al fronte". L’urlo disperato è rivolto alle Nazioni Unite: scongiuriamo la catastrofe.

 


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Irene Zorzenoni

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