Filippo Turetta piange in aula
Gino Cecchettin, 'abbiamo capito chi è Filippo Turetta'
| Ansa |
VENEZIA - Filippo Turetta piange in aula. "E' difficile in questo momento -dice rispondendo all'avvocato di parte civile Nicodemo Gentile - Volevo tornare assieme a lei, soffrivo molto e provavo risentimento verso di lei. Avevo rabbia perché soffrivo di questa cosa, e questo mi ha sconvolto". "Volevo che il nostro destino fosse lo stesso per entrambi e quindi... io penso sia questa la verità - ha aggiunto- In macchina abbiamo litigato perché volevo tornare insieme, così come avevo fatto nei giorni precedenti, anche in chat".
Pensare di abbandonare il corpo di Giulia e poi suicidarsi "forse non ha avuto senso - ha proseguito tra pause e lacrime silenziose -, mi rendevo conto che doveva essere ferita, in cattive condizioni, evitare di vedere questo, pensavo fosse meglio così. Sono immagini brutte, non so come dire".
Turetta ha poi detto di non aver mai pensato che il piano di rapire Giulia potesse fallire. Il presidente del collegio Stefano Manduzio non ha ammesso in seguito la domanda della parte civile sul fatto che i genitori di Turetta "non l'avrebbero mai più visto tornare".
Giulia stava scappando, forse l'avevo colpita in auto, su una coscia, non ricordo, poi non so se è caduta o l'ho fatta cadere a terra. Lei urlava e l'ho colpita ancora". E' un passaggio della ricostruzione dell'omicidio di Giulia Cecchettin fatta da Filippo Turetta in aula al processo, riferendosi a quanto avvenne tra Vigonovo a Fossò, quando mentre tentava di imbavagliare Giulia per non farla urlare lei riuscì ad aprire la portiera dell'auto. In Corte d'Assise, l'ex fidanzato reo confesso dell'omicidio ha ricostruito alcune parti della serata che ha portato alla morte di Giulia riferendo che vicino a casa della ragazza a Vigonovo aveva impugnato uno dei coltelli: "poi - ha detto - mi sono trovato in mano solo il manico. Non ricordo, forse l'ho colpita, poi l'ho caricata in macchina". E sempre a Vigonovo Turetta aveva tolto il cellulare a Giulia. "Penso di averlo preso io era nella borsetta che le avevo tolto per impedire che lo usasse".
Poi l'ex fidanzato ha ricostruito le fasi finali dell'omicidio. "volevo colpirla al collo per non farla soffrire, lei alzava le mani per difendersi, e allora ho tentato di colpirla più velocemente possibile da altre parti". Nel corso dell'udienza è anche emerso che nei giorni precedenti l'omicidio, in una gelateria di Padova, Turetta aveva avuto un pesante scontro verbale perché voleva tornare insieme a lei, e di averle dato uno schiaffo a una coscia: "Lei - ha sottolineato - si lamentava sempre perché ero assillante".
"In macchina avevo preso il cellulare di Giulia per allontanarlo da lei, per spegnerlo insomma. Poi, dopo Fossò, l'ho buttato dal finestrino, assieme al coltello, mi pare in un fossato, un piccolo canale che circonda un terreno, ma non ricordo con precisione dove". Così Filippo Turetta, confermando quanto aveva già detto in fase di indagini preliminari, ha risposto al pm Andrea Petroni sul particolare del telefonino di Giulia Cecchettin, finora mai ritrovato. "Stavo guidando - ha aggiunto - e non ricordo bene, ho gettato questi due oggetti, in un fossato, mentre ero su una strada secondaria".
"Nell'abbandonare il corpo l'ho coperto perché non volevo venisse trovato, era in condizioni tali che volevo evitare che venisse visto com'era ridotto". Lo ha detto Filippo Turetta, in Corte d'Assise a Venezia durante il processo a suo carico per l'omicidio di Giulia Cecchettin, rispondendo alle domande dell'accusa e dei legali di parte civile. Turetta, che ha sempre sostenuto di volersi suicidare, non ha saputo rispondere al perché avesse cercato in internet luoghi appartati, come quello di Barcis (Pordenone) dove è stato trovato il corpo e dove avrebbe dovuto suicidarsi. "Ho provato a uccidermi con un sacchetto di plastica in testa ma non ci sono riuscito", ha detto. Ma il Pm Andrea Petroni gli ha chiesto come fosse possibile che invece di togliersi la vita in un luogo appartato avesse guidato per la Val Cellina, attraverso Longarone, Cortina e fino a Berlino, andando in luoghi abitati contrariamente alle intenzioni dichiarate. "Perché non usare - ha detto Petroni - le forbici che aveva in auto a portata di mano, o i due coltelli da cucina che aveva con sé?". Quesiti a cui Turetta non ha saputo rispondere.
Gino Cecchettin, 'abbiamo capito chi è Filippo Turetta'
'Il momento più doloroso sapere cosa ha attraversato mia figlia'
"Il momento più doloroso è stato sapere cosa ha attraversato mia figlia negli ultimi momenti della sua vita. Ma non è questo il punto del processo, il punto è che abbiamo capito chi è Filippo Turetta". Lo ha detto Gino Cecchettin, in un momento di pausa del processo a Venezia a Filippo Turetta per l'omicidio della figlia Giulia. "Infatti - ha proseguito Cecchettin - adesso il suo avvocato vuole capirne di più, ma per me è chiarissimo. Quello che emerge oggi è che la vita del prossimo è una cosa sacra, e non bisogna entrare nel merito della vita degli altri".
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