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29 marzo 2024

Italia

Giovedì Santo, il Papa ai ragazzi in carcere: "Non lasciatevi rubare la speranza"

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Giovedì Santo, il Papa ai ragazzi in carcere:

ROMA - "Non lasciatevi rubare la speranza". Papa Francesco ribadisce questa sua esortazione, rivolgendola questa volta ai giovani reclusi del carcere minorile romano di Casal del Marmo, davanti ai quali ha celebrato la Messa in Coena Domini nella cappella dell'istituto.

"Sono felice di stare qui, grazie per l'accoglienza", si rivolge il Papa ai giovani nella palestra dell'istituto al termine della celebrazione eucaristica. Quindi li esorta: "Avanti! Avanti e non lasciatevi rubare la speranza: capito?", dice guardandoli negli occhi.

Inoltre, "fra noi, il più alto deve essere al servizio degli altri". E' il messaggio che viene da Papa Francesco ai ragazzi durante l'Omelia della Messa in Coena Domini. "Ciascuno di noi deve chiedersi: sono davvero disposto a servire e ad aiutare l'altro?" ha sottolineato il Pontefice. Quindi, accingendosi alla tradizionale cerimonia della 'lavanda dei piedi' a 12 ragazzi, lo stesso numero dei discepoli ai quali lavò i piedi Cristo, spiega: "Questo segno è una carezza di Gesù, venuto proprio per servire e per aiutarci".

Il Pontefice lo fa con 12 giovani ospitati nella struttura penitenziaria, ma con una significativa innovazione: i 12 ragazzi, infatti, sono 10 maschi e 2 femmine.

Papa Francesco ha lasciato la struttura al termine del suo incontro con i giovani, durato complessivamente poco più di un'ora e mezzo. A bordo della Mercedes nera del Vaticano, ha fatto rallentare l'auto per salutare i fedeli che lo applaudivano gridando 'Viva il Papa'.

Oltre alle parole di sostegno e conforto, Papa Francesco ha portato in dono ai ragazzi del carcere uova di cioccolato e colombe pasquali. Dai giovani due doni per il Pontefice: un crocifisso e un inginocchiatoio in legno, entrambi realizzati nel laboratorio di Casal del Marmo.

Questa mattina il Papa ha lanciato un appello ai sacerdoti durante la messa del Crisma in una gremitissima Basilica Vaticana: "Bisogna uscire a sperimentare la nostra unzione, il suo potere e la sua efficacia redentrice: nelle 'periferie' dove c'è sofferenza, c'è sangue versato, c'è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni. Non è precisamente nelle autoesperienze o nelle introspezioni reiterate che incontriamo il Signore: i corsi di autoaiuto nella vita possono essere utili, - ha detto il Papa - però vivere la nostra vita sacerdotale, passando da un corso all'altro, di metodo in metodo, porta a diventare pelagiani, a minimizzare il potere della grazia, che si attiva e cresce nella misura in cui, con fede, usciamo a dare noi stessi e a dare il Vangelo agli altri, a dare la poca unzione che abbiamo a coloro che non hanno niente di niente".

Chiamandosi nuovamente 'Vescovo' di Roma e non Papa, il Santo Padre ha ammonito i sacerdoti ad essere "pastori in mezzo alla gente". E ha sottolineato: "lIl sacerdote celebra caricandosi sulle spalle il popolo a lui affidato e portando i suoi nomi incisi nel cuore. Quando ci rivestiamo con la nostra umile casula può farci bene sentire sopra le spalle e nel cuore il peso e il volto del nostro popolo fedele, dei nostri santi e dei nostri martiri, che in questo tempo sono tanti".

Il Papa ha quindi aggiunto: "L'olio prezioso che unge il capo di Aronne non si limita a profumare la sua persona, ma si sparge e raggiunge 'le periferie'. Il Signore lo dirà chiaramente: la sua unzione è per i poveri, per i prigionieri, per i malati e per quelli che sono tristi e soli. L'unzione, cari fratelli, non è per profumare noi stessi e tanto meno perché la conserviamo in un'ampolla, perché l'olio diventerebbe rancido … e il cuore amaro".

Del resto, ha osservato papa Bergoglio, "il buon sacerdote si riconosce da come viene unto il suo popolo. Questa è una prova chiara. Quando la nostra gente viene unta con olio di gioia lo si nota: per esempio, quando esce dalla Messa con il volto di chi ha ricevuto una buona notizia. La nostra gente gradisce il Vangelo predicato con l'unzione, gradisce quando il Vangelo che predichiamo giunge alla sua vita quotidiana, quando scende come l'olio di Aronne fino ai bordi della realtà, quando illumina le situazioni limite, ''le periferie'' dove il popolo fedele è più esposto all'invasione di quanti vogliono saccheggiare la sua fede. La gente ci ringrazia perché sente che abbiamo pregato con le realtà della sua vita di ogni giorno, le sue pene e le sue gioie, le sue angustie e le sue speranze".

"Il sacerdote che esce poco da sè, che unge poco'', ha osservato il Papa, ''si perde il meglio del nostro popolo, quello che è capace di attivare la parte più profonda del suo cuore presbiterale. Chi non esce da sé, invece di essere mediatore, diventa a poco a poco un intermediario, un gestore. Tutti conosciamo la differenza: l'intermediario e il gestore ''hanno già la loro paga'' e siccome non mettono in gioco la propria pelle e il proprio cuore, non ricevono un ringraziamento affettuoso, che nasce dal cuore''.

''Da qui - ha concluso - deriva precisamente l'insoddisfazione di alcuni, che finiscono per essere tristi, preti tristi, e trasformati in una sorta di collezionisti di antichità oppure di novità, invece di essere pastori con l'odore delle pecore. Che si senta quello, invece di essere pastori in mezzo al proprio gregge, e pescatori di uomini".

(Adnkronos)

 


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