Incidente del bus precipitato a Mestre. Il procuratore: 'Lo sterzo del mezzo si è rotto'
In un video le immagini degli ultimi istanti di vita dei passeggeri
| Ansa |
Il pullman di turisti precipitato il 3 ottobre 2023 dal cavalcavia di Mestre non è uscito di strada per un malore dell'autista, ma per la rottura del perno di un giunto, che collega lo sterzo alle ruote. Un incidente meccanico, secondo le perizie, che ha lasciato il bus senza controllo, facendolo finire di sotto per una quindicina di metri. Una strage in cui hanno perso la vita 22 persone. Tra esse l'autista, Alberto Rizzotto, 40 anni, che non avrebbe potuto far niente per fermare la corsa del mezzo elettrico. Le altre vittime erano tutti stranieri in gita a Venezia, molti erano donne e bambini. Unica possibile concausa - tenendo conto che il bus pesava 13 tonnellate - la presenza sul cavalcavia di barriere vetuste e prive di manutenzione. Sono le conclusioni della fase peritale illustrate dal Procuratore di Venezia Bruno Cherchi, che ha annunciato la trasmissione degli atti alle parti e ai loro consulenti per le conseguenti deduzioni tecniche.
Secondo i periti, la rottura del perno destro, ammalorato, messo a confronto con quello 'sano' di sinistra, e il conseguente cedimento del giunto dello sterzo, hanno portato l'autobus a sbandare, senza che l'autista potesse gestire il mezzo. Il bus, pieno passeggeri, è andato a strisciare sul guardrail lasciando una scia di colpi e pezzi che si staccavano: ben 27 elementi che sono stati repertati dalla Polizia locale. Proprio il guardrail è stato definito da Cherchi "ormai vecchio e ammalorato, privo di manutenzione" tanto che "non è stato in grado di contenere l'urto dell'autobus" poi caduto per circa 15 metri. Quel che resta ancora da stabilire, ha spiegato il magistrato, è "il nesso di casualità tra la rottura dello sterzo e lo stato delle barriere".
In mano alla Procura vi sono altri elementi, che non spiegano le cause del disastro, ma ne restituiscono l'impatto emotivo. Sono le immagini video delle telecamere, esterne e interne del bus: in esse sono fissati gli ultimi istanti di vita dei passeggeri dello 'Yutong'. Video acquisiti da tempo dai magistrati. E qui Cherchi ha fatto un appello agli avvocati delle parti che ne entreranno in possesso, "a non pubblicarlo o diffonderlo. Le immagini - ha chiarito - sono crude, ci sono minori e persone che muoiono. Non è di nessuna utilità per l'opinione pubblica, mi appello al buon senso". L'inchiesta non è comunque conclusa. Ora, ha ricordato Cherchi, ci saranno le deduzioni e il contributo dei periti di parte. Resta da spiegare come si sia potuto rompere il perno in un bus "che aveva solo un anno di vita" e che per gli esperti avrebbe eventualmente potuto cedere "a fronte di una brusca frenata o una sterzata".
Circostanze non riscontrate dalla ricostruzione dell'incidente. Nulla da eccepire, invece, nel comportamento dell'autista, assolutamente corretto. Rizzotto era sano; l'autopsia e gli ulteriori approfondimenti forensi sul cuore dell'uomo hanno escluso che sia stato colto da malore prima dello schianto. Di più: dalla raccolta dei dati del telefonino e dalle immagini delle telecamere risulta che l'autista ha ricevuto mail e messaggi in quei frangenti, ma non ha mai utilizzato il cellulare durante la corsa. L'esame autoptico aveva stabilito che Rizzotto era morto in seguito al grave trauma al capo subito nella caduta del pullman. Nell'inchiesta sono indagati in quattro: tre sono funzionari del Comune di Venezia. Il quarto è l'amministratore delegato di La Linea, l'azienda di autotrasporto per cui lavorava Rizzotto.
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