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25 aprile 2024

Nord-Est

Iva non pagata dai negozi di abbigliamento: scatta il maxi sequestro da 8,5 milioni

La frode fiscale è stata scoperta dalla Guardia di Finanza

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Iva non pagata dai negozi di abbigliamento: scatta il maxisequestro da 8,5 milioni

VENEZIA - I Finanzieri del Comando Provinciale di Venezia e di Padova, dopo indagini dirette dal Procuratore Europeo Delegato di Venezia, stamani stanno eseguendo un sequestro preventivo di beni e disponibilità finanziarie per un valore superiore a 8,5 milioni di euro, disposto dal Gip del Tribunale di Padova.

La somma è pari al profitto di un’ipotizzata frode all’IVA nel settore del commercio dell’abbigliamento, perpetrato da imprese gestite da soggetti cinesi, con sedi al Centro Ingrosso Cina di Padova.
Il provvedimento fa seguito a un ulteriore sequestro di denaro contante per 500 mila euro circa, recentemente eseguito dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Venezia, sempre su disposizione della Procura Europea, nei confronti di un altro imprenditore cinese coinvolto nel medesimo contesto.
Gli accertamenti eseguiti avrebbero svelato il presunto meccanismo evasivo studiato per frodare il fisco, ideato e realizzato da imprenditori cinesi attivi in Italia, connesso a importazione, distribuzione e vendita di capi d’abbigliamento provenienti dall’Estremo Oriente e commercializzati da operatori cinesi.
Nel dettaglio, le sette imprese (società e ditte individuali) interessate dal provvedimento cautelare hanno annotato in contabilità fatture che sono state ritenute relative a operazioni inesistenti, poi confluite nelle rispettive dichiarazioni relative agli anni dal 2016 al 2020, per un imponibile di 39 milioni di euro circa, cui corrisponde l’IVA sottoposta a sequestro a titolo di profitto del reato.

Inoltre, l’analisi della documentazione sequestrata nelle numerose perquisizioni eseguite a febbraio dalle Fiamme Gialle di Venezia e Padova, oltre che della fatturazione di alcune imprese operanti al Centro Ingrosso Cina, ha permesso di individuare una moltitudine di operatori economici che, dagli elementi raccolti, risulterebbero “imprese cartiere” mancanti di strutture aziendali e di personale, con vita operativa molto breve e amministratori irreperibili. Imprenditori con significativi debiti nei confronti del Fisco, prevalentemente delle province di Prato e Milano e con connivenze societarie in Grecia, Slovenia e Ungheria.

Sul loro conto, il Giudice per le indagini preliminari osserva tra l’altro come sia singolare il fatto che i fornitori che emettono le fatture risultino vendere molta più merce di quella acquistata.
Ingente poi il flusso di denaro verso l’estero, cosa che lascia intendere che le imprese sotto indagine siano strutture funzionali alla creazione di liquidità, provento delle frodi fiscali, da inviare in Cina.

 



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