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23 aprile 2024

Vittorio Veneto

L'AMORE E IL GEMELLAGGIO TRA I FORNELLI

La storia di Manuel e Ekaterina, trevigiano lui, moscovita lei

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VITTORIO VENETO - Dice Manuel Tadiotto, vittoriese, 33 anni, un diploma di Perito elettrotecnico preso all’Itis de Seraval, che quando andava a scuola “non era molto portato per le lingue”. Non abbiamo ragione per non credergli. Anche se poi veniamo a sapere che Manuel ci ha messo sei mesi a imparare il russo – da autodidatta! – e che ora legge, in lingua originaria (“ma con un po’ di fatica”), testi frivoli come quelli di Bulgakov o Dostoevskij.

Si vede che Manuel, la Russia ce l’aveva nel sangue. O nel destino, direbbe qualcuno.

Dopo aver preso il diploma nel ’96 ha viaggiato un po’ per l’Italia per lavoro e poi quando la Tegola canadese gli ha proposto Mosca, lui ha detto sì. Ora lavora per un’altra azienda, ma dal 2003 vive stabilmente nella capitale russa. L’8 marzo del 2005 (questo è un uomo a cui non sfuggirà mai un anniversario) ha conosciuto Ekaterina, cioè Katia, che è stata “un incontro determinante”.

Di famiglia russa (intellettuale, ma non ricca, spiega Manuel), Katia – che è nata a Noviyarbat, la via più importante di Mosca, ha 24 anni, è laureata in Storia e ora lavora per delle aziende italiane di architettura e design, guadagnando circa 800 euro al mese. In compenso la paga di Manuel Tadiotto è di 5 mila euro al mese. Una cifrotta che ha permesso alla coppia di comperare casa a Vittorio Veneto, dove Manuel e Katia si trasferiranno tra un paio d’anni, quando Matteo, il loro primogenito che ora ha 4 anni, comincerà a frequentare la scuola.

Manuel, perché avete messo un nome italiano e non russo a vostro figlio?

La decisione è stata di Katia. Lei adora i nomi, la lingua, la cultura italiana. E la nostra cucina.

E tu della Russia cosa ami?

I nomi, la lingua, la cultura e la cucina. Il fatto che siamo cresciuti in due paesi con tradizioni differenti è una ricchezza per noi. Uno stimolo continuo. Ciascuno di noi ha preso il meglio delle due culture. Anche in cucina. Io adoro le zuppe, soprattutto quella con la rapa viola; Katia è ghiotta del pasticcio di radicchio trevigiano e fa un ottimo tiramisù; mentre se chiedi a Matteo cosa vuole mangiare, lui risponde: tortellini!

La lingua non vi ha creato difficoltà comunicative?

Io ho imparato il russo in sei mesi. Lo parlo correntemente. Katia conosce bene l’italiano. Ma in genere comunichiamo in russo che è l’idioma che ci ha avvicinato. Matteo, mio figlio, parla entrambe le lingue, e usa l’una o l’altra a seconda dell’interlocutore. Per lui è naturale ricorrere al russo o all’italiano a seconda di come viene interpellato per la prima volta.

Che libri leggi?

Leggo saggi in lingua. O, raramente, classici russi che però trovo ostici nel lessico, nello stile. Katia invece legge romanzi italiani e poiché ha 24 anni va pazza per Moccia…

Com’è vivere a Mosca?

La città, soprattutto la prima volta che la vedi, ti da l’impressione di essere caotica. Del resto, ospita 15 milioni di persone e ha una viabilità al collasso. Anche se abitiamo in centro, Katia per raggiungere il suo posto di lavoro che è relativamente vicino ci impiega due ore. Comunque Mosca offre tantissimo in termini culturali: il fatto è che è difficile poter godere dei tanti progetti, delle iniziative. Ma i problemi irrisolti più evidenti riguardano la salute e la giustizia. La corruzione è diffusa, le risorse economiche squilibrate; lo stato è assente per il cittadino. E viceversa.

Tra un paio d’anni hai deciso di tornare a vivere nella tua città. Perché? e non ti mancherà Mosca?

Qui si vive meglio. Vittorio Veneto è una città a misura d’uomo. Preferisco far crescere qui i miei figli. Certo che mi mancherà qualcosa di Mosca, così come a Katia. Credo sia inevitabile instaurare con i paesi che ci adottano un rapporto di amore-odio. Ognuno di noi credo senta forte l’attrazione verso città nuove, diverse da quella in cui è cresciuto. Ma provi, in modo altrettanto intenso, il desiderio di Tornare. A casa.

Emanuela Da Ros

 

 


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