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13 dicembre 2024

L'anno prossimo a Gerusalemme - Parte I

Categoria: Viaggi ed eventi -

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Sara Ferracin | commenti | (2)

“L’anno prossimo a Gerusalemme” dice un antico detto ebraico. Un auspicio e un desiderio. In ogni caso, qualunque sia la nostra origine e qualunque sia la nostra appartenenza, andare a Gerusalemme, o “salire a Gerusalemme” come si dice, è un viaggio oltre il tempo. La Gerusalemme tanto contesa da sempre, oggi capitale -non riconosciuta a livello internazionale- di Israele, ha mille volti e almeno due nomi: Yerushalaim/al-Quds.
Arriviamo da Betlemme, una decina di chilometri ad Ovest, passiamo il solito check-point di Beit-Jala e l’autobus imbocca la superstrada che – traffico permettendo – ci fa arrivare in un quarto d’ora a scorgere le antiche mura della Città Vecchia, ossia l’unica immagine che il turista medio purtroppo conserva.

Scendiamo, come faremo sempre, alla Porta di Jaffa, o Bab al-Khalil (la porta di Hebron) e ci imbattiamo subito in un’umanità varia, ebrei ortodossi vestiti di tutto punto, turisti occidentali vestiti in maniera assurda, abitanti dei vari quartieri. Subito alla nostra destra qualcosa di familiare: come non potrebbe avere l'aria di casa quel luogo, senza accorgersene siamo nel cuore del Quartiere Armeno. Parole, musica che esce dalle auto di passaggio, artigiani ceramisti all’opera, profumi della vicina taverna ci portano per un attimo a Bourj Hammoud, il quartiere armeno della nostra amata Beirut....decidiamo di fare un giro sulla parte accessibile delle antiche mura, giusto per avere una visione dall’alto della città. Ne vale la pena. Alla fine della nostra passeggiata scorgiamo alla nostra sinistra la cupola dorata della Moschea e proprio di fronte il Monte degli Ulivi. Scendiamo perché il nostro giro per la Città Vecchia sarà lungo. Quartiere Ebraico, proprio accanto a quello armeno. E’ sabato e le famiglie si dirigono nelle tante Sinagoghe della zona. Pochi turisti in giro, ovviamente. Peccato. Gerusalemme è diversa da altre città del mondo anche per i volti che si incontrano. Non avere la possibilità di incrociare i suoi abitanti è perdere almeno metà del viaggio.

Quando iniziamo ad incrociare le “greggi” di turisti-pellegrini forse alla ricerca del Santo Sepolcro, capiamo che siamo entrati nel Quartiere Cristiano. Echi di preghiere nelle stazioni della Via Dolorosa si sovrappongono agli scambi di battute tra commercianti arabi sugli affari del giorno. Il Santo Sepolcro è affollato, come sempre. Quasi se in Città Vecchia non ci fosse altro che lui. Pietre nude, 3 comunità che lo custodiscono: la chiesa armena-ortodossa, la chiesa greca- ortodossa, e quella latina di Roma. Un piccolo mondo rappresentato per volti e lingue. Affascinante e sconvolgente per il peso della storia. Eppure ci pare che Gerusalemme sia di più. Ce ne renderemo conto qualche tempo dopo, la vigilia della festività ebraica dello Yom Kippur, quando un rabbino mi fermerà scambiandomi – e non sarà la prima volta – per una ebrea russa. E il mio nome non sarà di grande aiuto a dissuaderlo dall’idea che la sua interlocutrice non sia passata di lì per caso. Ma questa è un’altra storia.



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Scritto molto bene. Leggendo mi sembrava di far parte del viaggio

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