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29 marzo 2024

Lavoro

LAVORO, IMPRESE E STATO

Il profitto non è un demone e il lavoro non si crea con norme

| Claudio Bottos |

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| Claudio Bottos |

impresa e lavoratori

LAVORO - In quest’ultimo periodo, nei vari media, si sente parlare oltre che di Covid e Green Pass anche di lavoro con le situazioni e i licenziamenti di Whirpool, Gkn e altre aziende. C’è un interessante articolo di Alberto Mingardi, pubblicato sul corriere del 26 ottobre 2021 che potete leggere qui, nel quale, proprio a seguito della sentenza che condanna la Gkn per aver licenziato i lavoratori dello stabilimento di Campi Bisenzio con un’e-mail, affronta la questione delle regole che governano i rapporti tra imprese e lavoratori. Nell’articolo vengono poste alcune questioni che riguardano il lavoro e l'attività d'impresa, che nel nostro paese è stata, con alterne fortune, sempre più regolamentata con norme e codici prodotti dal Parlamento, che rispecchiano una cultura giuridica per la quale ogni immaginabile circostanza deve trovare un argine in una regola precisa. Ogni tanto abbiamo l'impressione che il mondo sia diviso in due: sfruttatori e filantropi, comportamenti evidentemente predatori e altri comportamenti altrettanto evidentemente commendevoli. È uno schema che non ci aiuta a comprendere la gamma delle diverse situazioni nelle quali lavoratori e imprese possono venirsi a trovare. Gli uni e le altre tenderanno a fare quello che percepiscono come il proprio interesse e, se hanno l'impressione che ne valga la pena, lo difenderanno in tribunale. Non tutte le scelte che lavoratori e sindacati denunciano come illegittime lo sono e lo stesso vale per le attività intraprese dalle aziende. Lo sappiamo che la giustizia in Italia è lenta e comunque continua a prevalere una visione per cui le buone leggi producono immediatamente e inevitabilmente gli effetti desiderati dal legislatore.

Da qui la credenza diffusa che al demone profitto debba essere messa, per legge, la museruola dell’interesse pubblico. Un esempio lo sono le norme “anti-delocalizzazioni” che sta valutando il governo: l'idea di fondo è che sia possibile continuare a produrre in Italia a dispetto delle convenienze e che tutto sia lecito in nome della tutela dell'occupazione. Non si tiene conto del fatto che l’impresa deve creare ricchezza, e per l’impresa la ricchezza corrisponde al profitto, senza il quale non si possono fare investimenti e non si può assumere personale. Le risorse umane sono molto importanti per l’impresa e nella maggioranza delle micro e piccole aziende, il rapporto tra la proprietà e i lavoratori va oltre il mero rapporto padrone-dipendente. Il dubbio che nasce è che con gli stanziamenti del PNRR, di cui ne ho parlato in questo articolo, alcune forze politiche sembrano illudersi che in economia conti solamente la volontà dello stato. Lo stato, che pesa circa metà del PIL, più che pensare ad intervenire nell’economia dovrebbe, sia pensare a semplificare, visto i fallimenti dei vari tentativi fatti fino ad ora, sia pensare a funzionare meglio. Passata l’emergenza, dovremo fare i conti il debito pubblico e il recupero del PIL che ha perso lo scorso anno quasi il 9% a causa del covid. Vero che l’anno in corso chiuderà con un buon rimbalzo del PIL, ma non dobbiamo avere toni trionfalistici perché abbiamo sempre il problema del debito pubblico e quello delle riforme che, se non faremo, non ci consentirà di ottenere dall’Europa tutti i fondi del PNRR.

Altro elemento da non sottovalutare riguarda la spinta inflazionistica, dovuta all’aumento dei costi dell’energia e di molte materie prime e prodotti dovuto alla scarsità di reperimento. Non tutte le imprese sono in grado di ribaltare sul prezzo dei prodotti l’aumento dei costi di approvvigionamento, e questo, per loro, significa una riduzione dei margini che devono correggere, per rimanere sul mercato, con tagli ai costi che spesso avvengono con riduzione del personale dipendente. L’aumento dei prezzi porta ad una riduzione dei consumi per la minore disponibilità di chi ha redditi da lavoro dipendente o da pensione, e questo potrebbe attivare una spirale che metterebbe a rischio la crescita del PIL, con tutte le conseguenze che ciò comporterebbe.

di Claudio Bottos (Consulente del lavoro e di direzione strategica aziendale)

 

 

 


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Consulente del lavoro e di direzione strategica aziendale

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