Libano: l'impegno Italiano in UNIFIL continua
Cooperazione civile militare per dare una speranza al Medio Oriente.
| Julia Gardiner |
SHAMA (LIBANO) - Stando alle statistiche, il Libano ospita oltre 2 milioni di profughi (per capirci, 6 volte tanto quelli presenti in Germania e 20 volte tanto quelli presenti in Italia), una cifra enorme per un paese che, di per sè, conta circa 4 milioni e mezzo di abitanti. Tra i due milioni di rifugiati, il Governo libanese stima vi siano un milione e mezzo di siriani e oltre 300.000 palestinesi.
Praticamente una persona su tre in Libano, oggi, è siriana o palestinese.
Ancora a inizio 2016, le organizzazioni internazionali stimavano come conseguenza dell’afflusso di rifugiati la crescita della densità di popolazione a 600 abitanti per kmq, una delle più alte al mondo (come se in Italia fossero arrivati 19 milioni di profughi e la densità fosse salita da 200 a 270 abitanti per kmq).
Ma il Libano non è l’Italia, non è la Svezia, non è la Germania. É un paese formalmente ancora in guerra con Israele, nel quale le ferite dell’ultimo conflitto, a poco più di dieci anni di distanza, sono tutt’ora ampiamente visibili. É un paese che ancora non dialoga con il vicino-nemico Israele, se non durante gli incontri, il c.d. tripartito, che si svolgono al confine alla presenza del Force Commander, il capo civile e militare della missione ONU, nei quali i rappresentanti dei due paesi siedono dandosi reciprocamente le spalle. Un territorio dove la blue line, quella sottile linea che demarca idealmente con centinaia di blue pillar i due paesi, un non-luogo dove si respira nettamente la sensazione di essere fuori dal mondo, è costantemente tenuta d’occhio non solo dalle Laf (l’esercito libanese) e dall’esercito israeliano, ma anche da poco più di 11.000 caschi blu dell’ONU, inviati da 35 paesi nell’ambito della missione UNIFIL per cercare di evitare il riaccendersi delle ostilità e dare una speranza di sviluppo al paese dei cedri.
Sì, perché tra gli obiettivi di UNIFIL, oltre al monitoraggio della cessazione delle ostilità tra i due Stati e al supporto delle Laf, vi è proprio quello di aiutare la popolazione locale tramite progetti CIMIC, ovvero interventi di cooperazione civile militare guidati e richiesti dalle autorità locali. E, in un paese che esce da un conflitto breve ma devastante come quello del 2006 in Libano, la componente di cooperazione civile militare è indispensabile, sia per garantire la sicurezza della missione ONU, migliorando la percezione che di essa ha la popolazione locale, sia per rimuovere, almeno in parte, le radici economiche alla base del conflitto.
In questo periodo il lavoro di UNIFIL e degli oltre 1000 militari italiani del contingente, attualmente basato sulla presenza della Brigata Pozzuolo del Friuli, guidata dal Gen. Ugo Cillo, non può non tener conto delle maggiori difficoltà attraversate dal Libano proprio in ragione dell’enorme afflusso di profughi di cui si diceva, che incide su tutti i servizi dei quali ha bisogno la popolazione, a partire dalla sanità, quotidianamente supportata dal contingente italiano con interventi di assistenza sanitaria sia nelle basi di Shama e Al Mansouri, sia con attività di “medical care” esterne condotte da team militari composti da medici, infermieri ed aiutanti di sanità che, con l’ausilio di interpreti locali, raggiungono gli ambulatori dei villaggi per fornire consulenze, somministrare farmaci e assicurare interventi di primo soccorso.
Così, nelle scorse settimane, grazie anche alla sinergia tra il contingente italiano e l’Ospedale di Udine, il Rotary e l’Associazione Internazionale Regina Elena, sono stati donati all’Ospedale di Tiro 20 letti da ospedale di ultima generazione con relativi comodini per l’allestimento di nuove camerate di degenza. Oltre a questo materiale anche diafanoscopi, letti operatori, strumentazione per ambulatorio oculistico ed altri ausili ospedalieri per il controllo della glicemia e la deambulazione dei soggetti bisognosi. Il bacino di utenza dell’ospedale è grande, essendo il principale dell’area controllata dai militari italiani, che rappresenta circa la metà dell’intera area di intervento di UNIFIL nel sud del Libano, e insiste in un territorio dove forte è l’integrazione tra popolazione libanese e profughi palestinesi.
Deir Qanoun, un importante villaggio vicino a Tiro, conta circa 1000 studenti, di cui 400 siriani che svolgono lezioni separate dagli alunni libanesi. Qui, grazie al Comune di Udine è stata allestita da ITALBATT, la task force di manovra basata sul Reggimento Genova Cavalleria, un’aula informatica per permettere agli studenti di utilizzare anche le nuove tecnologie e sono stati donati a tanti giochi ai giovanissimi bambini della scuola materna grazie al contributo del Rotary, dei Lions e della Ditta Panini, che, insieme alla Croce Rossa di Palmanova hanno permesso di rifornire di materiali didattici e giocattoli anche le scuole di Zibquine e Ramadyah, scuole di villaggi molto poveri che hanno sofferto particolarmente il conflitto del 2006 trovandosi proprio sulle line di difesa di Hezbollah durante l’invasione.
La speranza di tutti è che, grazie alla presenza di UNIFIL e l’impegno della comunità internazionale, il futuro di questi bambini, in gran parte nati dopo la guerra del 2006, possa essere sereno e al riparo dai conflitti.