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29 marzo 2024

Montebelluna

Martedì in villa. Edoardo Pittalis racconta “La Serenissima e le epidemie”

Il noto giornalista sarà in diretta streaming martedì 27 alle 20.45 dalla pagina Facebook di Martedì in Villa

| Lieta Zanatta |

| Lieta Zanatta |

Il giornalista e scrittore Edoardo Pittalis

TREVIGNANO - Che la Repubblica di Venezia fosse stata nei secoli apripista nel mondo in fatto di profilassi delle epidemie è cosa nota e risaputa. Anche perché parole come quarantena e lazzereto, così come le conosciamo oggi, furono coniate proprio dai veneziani che le pestilenze le affrontavano periodicamente.

Ne parla diffusamente il giornalista e ricercatore storico Edoardo Pittalis nel libro La Serenissima e le epidemie. Fede, scienza e superstizione: come Venezia affrontò il nemico invisibile scritto per l'editrice Biblioteca dei Leoni, che martedì 27 aprile alle 20.45 sarà in diretta streaming sulla pagina facebook https://www.facebook.com/martediinvilla e sul canale youtube https://www.youtube.com/channel/UCZXplMWO4ajtWis8UyMv27g per la rassegna Martedì in Villa.

 

Edoardo Pittalis ci anticipa qui gli argomenti che tratterà.

In questo libro racconto come Venezia abbia affrontato le epidemie nel proprio tempo. A partire da quella famosa del 1348, che Boccaccio descrive nel Decamerone, quella del 1575 – 77 che terminò con l'edificazione del tempio del Redentore e quella del 1630 – 31 che portò alla costruzione della Chiesa dedicata alla Madonna della Salute. Ma non solo, perché le pestilenze sono continuate a ondate nel Settecento e nell'Ottocento. La peste esiste ancora oggi in qualche zona ma viene affrontata con l'isolamento in quanto non ne esiste il vaccino. Senza contare le pandemie dei tempi moderni che sono tante, come il Covid di oggi. Il Novecento ha visto la Spagnola del 1918 – 1920, l'Asiatica negli anni '50. Nel 2003 c'è stata l'Aviaria.

 

Come ha fronteggiato Venezia queste epidemie in tempi in cui non c'era la medicina come la conosciamo oggi?

Venezia ha messo in piedi una profilassi che è diventata patrimonio di tutte le nazioni. All'epoca non c'erano cure adatte o erano molto poche, ma si puntava all'efficacia delle misure prese. Come quella del Lazzaretto, l'isola dove venivano messi coloro che dovevano passare la quarantena, quaranta giorni in isolamento prima di fare ingresso in città. Il problema era che in fatto di profilassi procedevano per tentativi, e non sempre per ragioni squisitamente sanitarie.

 

Per esempio?

In caso di pandemia, i veneziani avrebbero dovuto chiudere tutta la città, ma questo ne avrebbe comportato la morte economica. E allora usavano chiamare i diversi esperti del tempo, dieci – venti luminari, per un parere ufficiale. Di solito tra questi ce n'erano tre o quattro che affermavano che la pandemia in atto non era peste. E sulla base di questa dichiarazione, per ragion di stato, si riapriva la città.

 

Un parallelo con la situazione odierna?

Anche. Sono errori che sono stati ripetuti nel tempo. Come con la Spagnola. Si chiama Spagnola perché ne parlavano liberamente in Spagna, dove anche il Re ne era stato colpito e poi guarito. Nelle altre nazioni no, era in corso la Grande Guerra – la Spagna era neutrale - e per ragioni di opportunità si taceva del fatto che l'epidemia nel 1917 si stava propagando nelle trincee. Veniva spacciata per influenza.

Ma come si propagò la Spagnola?

L'epidemia nacque in un campo di addestramento reclute negli Usa, e si diffuse nel mondo man mano che venivano distribuite le truppe. I primi casi di Spagnola in Italia si hanno a Sandrigo, nel vicentino, tra il 1917 e il 1918. Ne dà notizia proprio il Gazzettino che in quel periodo parla anche di un caso a Venezia, di una “nota malattia” che portò alla morte di una bimba di 5 – 6 anni. Insomma non si specifica quale, per evitare che la gente si spaventi e si diffonda il panico.

 

Si può fare un parallelo con quello che sta accadendo oggi?

Sì. Negli Usa le disposizioni per affrontare la pandemia sono le stesse di oggi, un secolo dopo. Indossare la mascherina, non sputare per terra, lavarsi le mani, stare distanziati. Per non parlare che ristoranti, alberghi, locali, luoghi di lavoro, erano stati precauzionalmente chiusi. Quello che possiamo apprendere è che tutto ciò che stiamo vivendo è stato già stato vissuto nel passato.

 

Per informazioni: Ufficio Cultura Trevignano tel. 0423 672842

Con il patrocinio di: Rotary International distretto 2060 e Sindacato Giornalisti del Veneto, Associazione trevigiana della stampa

Con il sostegno di: Gallo Pubblicità, In collaborazione con Pro loco e Trattoria Enoteca Schiavon

 


| modificato il:

Lieta Zanatta

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