Internet: 'hater' più occasionali che seriali
Primi risultati dello studio di Università Ca' Foscari Venezia e Agcom
VENEZIA - Gli utenti dei social media che chiamiamo 'hater' o 'leoni da tastiera' non sarebbero in realtà una schiera di 'odiatori seriali' dediti all'offesa, ma utenti che a volte eccedono utilizzando un linguaggio violento, offensivo o inappropriato. L'indicazione arriva dai risultati preliminari di una ricerca su 1,2 milioni di commenti su YouTube in Italia, in risposta a contenuti riguardanti la pandemia da Covid-19. L'analisi è parte del progetto europeo "Innovative Monitoring Systems and Prevention Policies of Online Hate Speech" (IMSyPP) che vede coinvolti per l'Italia l'Università Ca' Foscari Venezia e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Il progetto punta a realizzare un sistema multilinguistico di prevenzione e rilevamento del linguaggio d'odio sui servizi di media e sulle piattaforme online.
Vi partecipano istituzioni di ricerca di altri stati membri dell'Unione europea (Slovenia, Cipro e Belgio), attive nel settore della ricerca su temi quali razzismo, xenofobia e altre forme di intolleranza. Si fonda sull'impiego di strumenti e metodi di intelligenza artificiale, machine learning e data science, al fine di identificare i fattori determinanti, le raccomandazioni più efficaci sul piano delle narrazioni, e le più opportune proposte di policy in un'ottica europea. Iniziata a marzo 2020 e della durata di 24 mesi, nel primo anno di attività la collaborazione tra i partner di ricerca ha riguardato soprattutto la creazione di dataset per l'analisi del linguaggio d'odio in rapporto a specifiche narrazioni e strategie di disinformazione. "Stiamo lavorato - spiega Fabiana Zollo, ricercatrice a Ca' Foscari - a sistemi di identificazione automatica di linguaggio d'odio sui social media, tenendo in considerazione diverse tipologie di linguaggio, da quello violento, a quello offensivo o inappropriato.
Le analisi sono in corso e ci aiuteranno a delineare trend e caratteristiche del linguaggio d'odio, e di fare luce sul rapporto tra disinformazione e linguaggio d'odio, con lo scopo finale di riuscire a produrre raccomandazioni data-driven per i regolatori europei". Il Rapporto pubblicato a novembre 2020 dedica ampio spazio alle problematiche connesse alla disinformazione online riscontrate dai professionisti del settore nell'ultimo anno. Emerge tra l'altro che il 73% dei giornalisti italiani ha riscontrato casi di disinformazione nel periodo della pandemia Covid-19. Ciò conferma la necessità di sensibilizzare tutti i diversi attori del sistema dell'informazione e di realizzare adeguati strumenti per il monitoraggio di tali fenomeni.