Transizione ecologica e patrimonio storico: binomio impossibile? In difesa dell'archeologia preventiva
Gli archeologi italiani scrivono al presidente Mattarella e ai ministri di Franceschini e Cingolani per esprimere le proprie preoccupazione riguardo alcune norme del Recovery Plan.
ITALIA - È risaputo quanto il sottosuolo del nostro Paese sia ricco di testimonianze storiche e come le nostre radici culturali affondino nel terreno. Invece di interpretare questa ricchezza come una risorsa, spesso, ogni volta che ci si appresta a intraprendere la costruzione di una grande opera o di un’infrastruttura, c’è sempre il timore che il ritrovamento di reperti archeologici possa rallentare o addirittura bloccare i lavori.
In verità, l’archeologia preventiva, l’attività di ricerca volta a capire se sul terreno che sarà oggetto di costruzione insistano emergenze archeologiche, non penalizza ma invece velocizza i cantieri, che spesso vengono bloccati per altri motivi, ad esempio di natura giudiziaria.
Nonostante ciò, nella bozza del decreto presentato dal Ministero per la Transizione Ecologica per il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, si vogliono semplificare procedure autorizzative per i lavori di costruzione di impianti per le energie rinnovabili finanziati con il Recovery Plan. In questo modo verrebbe intralciata, se non impedita, l’archeologia preventiva, provocando un grave pericolo per la tutela del patrimonio ambientale, paesaggistico e archeologico.
Per tale motivo le associazioni di categoria (come l’Associazione Nazionale Archeologi e l’Associazione delle imprese archeologiche) e le Consulte universitarie che operano nel settore dell'archeologia stanno mettendo in campo azioni diverse per contrastare queste norme che sospenderebbero la tutela del paesaggio e del patrimonio. In primo luogo sono state inviate due lettere, una al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e un’altra ai ministri della Cultura, Dario Franceschini, della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, e delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, per segnalare le criticità nella formulazione di queste nuove norme e chiedere la loro revoca.
«La semplificazione e la velocizzazione delle procedure è un obiettivo pienamente raggiungibile senza passare sopra al nostro patrimonio e senza danneggiare il paesaggio – dichiarano gli archeologi firmatari – Ci auguriamo che il governo comprenda come la tutela del nostro patrimonio, archeologico e paesaggistico non sia un ostacolo allo sviluppo del Paese bensì la vera risorsa per un futuro che punti realmente sulla sostenibilità ecologica e culturale dello sviluppo economico».