Processi Ruby-Mediaset restano a Milano
Cassazione respinge l'istanza di Berlusconi
| Lalla |
ROMA - Restano a Milano i processi Mediaset e Ruby in cui è imputato Silvio Berlusconi. Lo ha deciso la sesta sezione penale della Cassazione, presieduta da Giovanni De Roberto, che ha respinto il ricorso presentato dalla difesa dell'ex premier dopo una Camera di consiglio lampo.
In particolare, i difensori di Berlusconi chiedevano di spostare a Brescia i due procedimenti, ritenendo che i giudici milanesi non sarebbero stati sereni nella decisione. Piazza Cavour, però ha bocciato la richiesta di rimessione per legittimo sospetto condannando l'ex premier al pagamento delle spese processuali.
Anche la pubblica accusa della Cassazione rappresentata da Giuseppe Volpe, in mattinata, aveva chiesto di bocciare il ricorso della difesa del Cavaliere. A questo punto il processo per i diritti tv Mediaset riprenderà il prossimo 8 maggio, mentre l'udienza per la vicenda Ruby proseguirà in aula il 13 maggio prossimo.
La decisione della Cassazione non avrebbe colto di sorpresa Berlusconi. Tant'è che stavolta non c'è stato il solito fuoco di fila contro i pm che usano la giustizia a fini politici. Questo, però, non significa che a palazzo Grazioli non sia suonato l'allarme e si guardi con preoccupazione alle prossime incombenze processuali.
Dopodomani riprenderà a Milano il processo d'appello sui diritti tv e i legali del Cav, Niccolò Ghedini e Piero Longo, chiederanno di rinviare l'udienza in attesa che la Corte Costituzionale si esprima sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato in merito al presunto legittimo impedimento negato all'imputato il primo marzo del 2010 in occasione di una riunione del Consiglio dei ministri.
Il leader azzurro, che domani farà rientro a Roma, teme che nel giro di un mese, salvo colpi di scena, i dibattimenti sul caso Mediaset e quello Ruby possano chiudersi con una sentenza di condanna e per questo avrebbe confidato in privato ai fedelissimi di tenersi pronti a ogni evenienza. In pubblico, però, non azzarda nessuna minaccia di rottura e invita alla pacificazione nazionale. Almeno per ora.
Le parole affidate al Tg5 (''confido in una sentenza di piena assoluzione a meno che si voglia ancora una volta eliminarmi attraverso la via giudiziaria''), raccontano a palazzo Grazioli, hanno il ''sapore amaro'' di chi si sente ''vittima di un'aggressione giudiziaria continua, che dura da 20 anni'' e nel Pdl vengono interpretate come una minaccia alla tenuta del governo Letta solo se la situazione dovesse precipitare.
Il Cav si prepara alla 'battaglia finale', davanti alla Cassazione, in caso di condanna e in quel caso nessuno potrà impedirgli di far saltare il tavolo, chiudendo la fase delle larghe intese per tornare al voto. Subito dopo il 'no' al trasloco a Brescia dei suoi processi, raccontano, Berlusconi avrebbe deciso di alzare il tiro per la trattativa sulle presidenze delle commissioni di Camera e Senato (puntando i piedi sulla Giustizia al Senato dove avrebbe preteso Francesco Nitto Palma) e sulla presidenza della Convenzione per le riforme (facendo rilanciare la sua autocandidatura).
Solo grazie alla mediazione delle 'colombe' (Angelino Alfano e Gianni Letta in primis) l'ex premier sarebbe arrivato a più miti consigli, chiedendo ai 'falchi' pidiellini di tenere a freno la loro voglia di strappare.
Oggi Berlusconi rientrerà a Roma: è atteso a palazzo Grazioli in tarda mattinata o nel primo pomeriggio per presiedere una riunione con lo stato maggiore del Pdl e fare il punto sulle prossime strategie politiche.
Nelle ultime ore si parla con insistenza dell'ipotesi che il Cavaliere punti a fare il senatore a vita. Un modo per coronare la sua 'carriera politica' e per garantirsi uno 'scudo istituzionale' da quelli che lui definisce 'attacchi' delle procure.
(Adnkronos/Ign)