Educazione sessuale, Pd: "La scuola deve educare"
Michela Nieri, consigliere del Pd, in difesa dei programmi di educazione sessuale nelle scuole trevigiane
| Isabella Loschi |
TREVISO – “L’educazione all’affettività e alla sessualità nelle scuole è doverosa e l’adesione del Comune al protocollo della presidenza del Consiglio dei Ministri è un segnale di responsabilità”. Sul tema dell’importanza dell’educazione sessuale nelle scuole trevigiane, come prevista dai regolamenti scolastici e portata avanti con dall’assessore alle politiche scolastiche Anna Caterina Cabino, interviene Michela Nieri, consigliere comunale del Pd di Treviso, commentando le dichiarazioni dell’associazione Manif Pour Tous in opposizione ai programmi educativi introdotti negli istituti cittadini e alle intenzioni avanzate da alcuni genitori che minacciano di tenere i figli a casa da scuola se il Comune appoggerà i programmi di educazione sessuale dove oltre alla famiglia tradizionale si parli anche di omosessualità.
“Comprendo perfettamente le preoccupazioni – ha spiegato Nieri - ma dobbiamo renderci conto che, purtroppo, oggi i genitori, non riescono a svolgere pienamente, pur volendo, il ruolo di educatore. È allora proprio la scuola, dove i ragazzi vivono buona parte della loro giornata, il soggetto deputato che deve farsi carico di supplire ad alcuni aspetti non solo prettamente legati all’istruzione ma anche all’educazione. Tra questi quella all’affettività e alla sessualità non può mancare nei programmi delle nostre scuole, in particolare alla luce dell’aumento delle gravidanze indesiderate e dei troppi aborti tra le giovanissime. Non bisogna certamente considerare, come molti per paura, cattiva e strumentale informazione fanno, l’educazione all’affettività e alla sessualità come una forma di propaganda all’omosessualità”.
“L’educazione all’affettività e alla sessualità c’è da moltissimi anni nelle scuole – ha continuato la consigliere del PD di Treviso – non capisco proprio perché solo oggi ci si scagli contro questi programmi, organizzati e gestiti dalle Ulss e che trovano il favore della stragrande maggioranza dei genitori. Non vorrei che dietro queste forme di protesta si nascondessero delle logiche più ampie e mi stupirebbe scoprire che si sacrificano il benessere e la salute dei ragazzi in nome di un’ insensata e anacronistica lotta contro l’omosessualità”.