TRENODISSEA
Quattro ore e mezza da Vittorio Veneto a Trieste (con il giallo del treno fantasma)
Cosa vuol dire fare il pendolare. Ieri pomeriggio diversi studenti universitari hanno passato la domenica in treno. Per andare da Vittorio Veneto a Trieste anziché 2.31 minuti (la durata del viaggio è indicata nel sito di Trenitalia) i ragazzi ci hanno messo 4 ore e mezza. Cioè quasi il doppio.
Giunti in stazione a Vittorio Veneto, verso le quattro, i giovani pendolari si sono sentiti “urlare” da un ferroviere che il treno per Conegliano non esisteva. I ragazzi – non nuovi alla triste esperienza del pendolarismo - hanno verificato che nel sito dell’azienda e nel tabellone elettronico della stazione il treno era segnalato (anche se con 10 minuti di ritardo).
Invitati (in modo grossolano, secondo le testimonianze fatte pervenire a OggiTreviso) a uscire dalla stazione e a servirsi della corriera, che effettua il servizio sostitutivo, gli universitari (che, ovviamente, avevano con sé delle valige e delle borse) si sono trovati di fronte un pullman pieno zeppo mentre il ferroviere diceva all'autista della corriera: “Cioi su tu, sti personaggi”.
I ragazzi, saliti sul mezzo pubblico, col biglietto regolarmente pagato, sono giunti a Conegliano in tempo per perdere la coincidenza. Alla stazione hanno dovuto attendere per tre quarti d’ora un treno per Udine. Qui hanno dovuto cambiare convoglio e prendere un regionale per Trieste dove sono approdati alle venti e cinquanta, cioè due ore dopo la data d’arrivo prevista. Ritardo (pesante) a parte, gli studenti universitari hanno denunciato a OggiTreviso il modo ruvido con cui sono stati trattati. “Forse – ha dichiarato uno di loro – il ferroviere ci ha aggredito perché eravamo appesantiti (nostro malgrado) da valige e borse.
Eppure sul sito di Trenitalia, alla voce “dettagli” è specificato che sul treno delle 16.25 avremmo potuto portare con noi addirittura una bicicletta.” Che aggiungere? La gentilezza e il rispetto sono impagabili, altrimenti avremmo consigliato agli studenti di farsi rimborsare ben altro che il biglietto.
Emanuela Da Ros