SIAMO NEL SEICENTO: CHE PAURA!
La criminalità in Sinistra Piave (qualche secolo fa) raccontata da Sante Rossetto
Il frate Bonaventura Casoni sta suonando l’organo in chiesa. La penombra della navata della Chiesa di san Giovanni a Serravalle improvvisamente si rischiara. Dalla porta dischiusa entra un uomo. Impugna una spada. Si avvicina al frate concentrato sulla tastiera dell’organo e lo trafigge con la spada, più volte. Fino a farlo morire dissanguato.
Il crudele fatto di cronaca non è avvenuto proprio…ieri. Risale a quattro secoli fa. Così come gli altri delitti raccontati da Sante Rossetto nel suo ultimo libro “Il bandito. Violenza e criminalità nella Repubblica veneta” edito da Sismondi.
“Se oggi il tema della sicurezza è in cima alle preoccupazioni di ogni cittadino, davvero – si chiede l’autore - ci si illude che un tempo si vivesse in un mondo più tranquillo? Rapine, stupri, violenze, omicidi non si sono intensificati nella nostra società: erano fenomeni tristemente noti anche nei secoli passati” . L'autore ha esaminato decine di migliaia di sentenze del tribunale penale trevigiano del Seicento. E il quadro che ne ha tratto è pauroso. Perchè se oggi nella nostra provincia possiamo contare uno o due omicidi all'anno, quattro secoli fa in uno Stato ben ordinato e funzionante come quello veneto se ne contavano almeno una trentina e anche di più. Se ora ci indigniamo per una irruzione notturna in casa, nel secolo XVII questo era un fatto normale. Le bande di malviventi erano numerose e terrorizzavano vaste zone del territorio.
Il libro di Rossetto ci porta in mezzo alla gente di quattro secoli fa con le case fatte di paglia, famiglie impaurite oltre che affamate e una Giustizia che spesso non arrivava a punire i delinquenti se non con il bando, una pena che metteva fuori della società civile il condannato.
Sotto: Sante Rossetto - A sinistra: la copertina del volume “Il bandito. Violenza e criminalità nella Repubblica veneta”