Il PD si spacca sull'articolo 18
Minoranza: per i neoassunti art.18 ma solo dopo 3 anni. Renziani: ''No a veti''
ROMA - La battaglia sul Jobs Act si prepara alla prova dell'aula del Senato, dove oggi inizierà la discussione generale. Dopo parole e interviste, arriva nero su bianco la spaccatura che sta vivendo il Pd sulla riforma del lavoro targata Matteo Renzi.
DA MINORANZA PD 7 EMENDAMENTI - Sette gli emendamenti presentati dalla minoranza dem, presentati da 40 senatori dem. Uno di questi è dedicato all'articolo 18 e al reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa: la richiesta è che per i neoassunti con il contratto a tutele crescenti scatti dopo tre anni, rispetto ai dieci anni su cui, secondo quanto si apprende, sarebbe orientato il governo. Tra i firmatari ci sono bersaniani, ma anche senatori vicini a Pippo Civati e pure i 'dissidenti' dei tempi della riforma del Senato come Vannino Chiti, Corradino Mineo, Walter Tocci e Massimo Mucchetti.
"Noi non mettiamo in discussione l'impianto della delega, non facciamo aut aut né imboscate in Parlamento" dice Maria Cecilia Guerra, prima firmataria degli emendamenti. "Il nostro obiettivo è migliorare il testo con contributi costruttivi".
ALLA MAGGIORANZA: 'INCONTRIAMOCI' - In mattinata i 'frondisti della minoranza' (ma 'non chiamateci così - dice Alfredo D'Attorre - con noi stamattina c'era anche Francesco Boccia che ha sostenuto Renzi alle primarie'') hanno fatto il punto sul Jobs Act. Frutto della riunione i sette emendamenti e la richiesta di un incontro alla maggioranza per provare a stilare un documento unitario in vista della Direzione di lunedì. "Ci rifacciamo al modello tedesco, mentre c'è chi vorrebbe portarci in Spagna o in Romania...", aggiunge D'Attore. Sul punto dell'articolo 18, Stefano Fassina argomenta: "La nostra posizione è il modello tedesco, lo stesso che il presidente del Consiglio indicava in passato. Prevede il reintegro, come possibilità in casi di manifesta infondatezza del giustificato motivo che viene addotto per il licenziamento. E' ridicolo chi mette in mezzo il licenziamento discriminatorio come concessione alla minoranza''. La possibilità di arrivare a un intesa c'è, dice Boccia. "Sono convinto che si possa arrivare un punto di sintesi". "Confrontiamoci in Direzione e nei gruppi parlamentari. Poi se Renzi dice no, allora non resta che rivolgerci alla nostra gente...", dice D'Attorre riferendosi al referendum. Quanto alla Direzione, la minoranza chiederà al presidente Matteo Orfini di mettere all'odg Jobs Act e legge di stabilità. "Servono almeno 4 miliardi per l'estensione degli ammortizzatori sociali di cui parla Renzi. Ci sono?", chiede Fassina.
BERSANI - Pier Luigi Bersani non ha partecipato alla riunione di stamattina con i vari 'capicorrente' dem. Ma stasera, ospite di Giovanni Floris, è tornato sia sulla riforma del lavoro che sui rapporti interni al Pd. Ora stanno spiegando a me come si sta in un partito, sono appassionati della ditta, fantastico..., ha detto l'ex-segretario invitando Renzi ad essere meno "aggressivo" e a "stare sereno" perché da parte della minoranza non ci sono chissà quali complotti, ma la volontà di migliorare il Jobs Act difendere la dignità del lavoro garantita dall'art.18. ''Renzi mi dica pure vecchia guardia, anziano, vecchio bacucco… ma conservatore no, non scherziamo!''.
SERRACCHIANI: 'NIENTE VETI' - Un altolà alla minoranza arriva dal vicesegretario Pd, Debora Serracchiani. "La posizione del Pd è decisa dalla Direzione. Per come conosco io Renzi, credo che non accetterà diritti di veto da parte di nessuno e che il piano del governo darà più tutele ai lavoratori e più semplicità agli imprenditori". Visto che il numero di disoccupati è raddoppiato negli ultimi anni, ''noi del Pd non possiamo stare alla finestra e fare finta di niente. Nel metodo, la 'ditta' ha le sue regole che funzionano allo stesso modo, indipendentemente da chi e' in maggioranza: quando eravamo minoranza, le abbiamo accettate. Siamo certi che adesso la minoranza fara' altrettanto per il bene del Paese".
SACCONI (NCD): 'IRRICEVIBILI' - Immediata, e prevedibile, arriva la bocciatura delle modifiche da parte di Maurizio Sacconi (Ncd), presidente della commissione Lavoro del Senato e relatore del disegno di legge delega che modifica il mercato del lavoro. Sono emendamenti ''irricevibili'', dice. Da cui ''emerge insomma una visione vecchia e ideologica perché fondata sul persistente pregiudizio nei confronti dell'impresa. Noi non li voteremo mai".
POLETTI - In mattinata il ministro del Welfare Giuliano Poletti ha incontrato i senatori del Pd riuniti a palazzo Madama spiegando che "sull'articolo 18 non c'è ancora una decisione ma varie proposte. La mia posizione è che prima bisogna avere il quadro degli ammortizzatori e dei servizi messi in campo dalla riforma"
"Le risorse per la riforma degli ammortizzatori saranno nella legge di stabilità", ha continuato il ministro chiarendo che nella riforma "il reintegro per discriminazione non è mai stato in discussione". "Per il resto - ha aggiunto - c'è una discussione nel Pd che riguarda tutte le questioni aperte. Ma io faccio il ministro, al resto pensa il segretario del Pd".
Poletti poi ha aggiunto: "Dal dibattito parlamentare accoglieremo solo ciò che è compatibile con il testo del governo. La delega è aperta perché la nostra intenzione è rappresentare in modo organico tutti gli elementi".
L'Assemblea, è stato stabilito, non si concluderà con un voto mentre la discussione verrà aggiornata e si concluderà dopo la Direzione del Pd della prossima settimana.