Non chiamateli giocolieri
Flair bartender fanno impazzire il Beltrame
VITTORIO VENETO - Non chiamateli giocolieri. Hamit Mezi (detto Max) e Elvis Breda sono dei professionisti. Dei maghi del Flair bartending. Per loro, un cocktail non è fatto solo di vodka, correttori di gusto e soda, ma di nozioni, precisione, fantasia, ritmo, velocità. E simpatia. Ingredienti con cui Max e Elvis, accompagnati da Denis Giacomini, Matteo Trotta e Marcos Simoes, hanno conquistato il giovane pubblico dell’Alberghiero Beltrame di Vittorio Veneto. E non solo quello. Noi, li abbiamo incontrati nella scuola superiore vittoriese, impegnati in una lezione-dimostrazione in cui facevano volare, roteare, rimalzare tin, bicchieri, bottiglie con metal pour, mentre preparavano deliziosi cocktail. E li abbiamo conosciuti. Max, Elvis, Denis, Matteo e Marco sono dei bartender, ma anche degli acrobati, sono un gruppo. A unirli: la passione per il Flair, che insegnano e praticano dove li porta…la richiesta.
Max, 26 anni e due figli, è il fondatore della scuola di Flair. Ma, che cos’è, questo Flair? “E’ un metodo di lavoro veloce, preciso, coreografico, che comprende spettacolo, interazione con il cliente, e valorizza la peculiarità del cocktail - chiarisce Max – Sempre partendo dal presupposto che le materie prime siano ottime. Quando è partito questo nuovo metodo di lavoro, in America, è esploso”. Max spiega che in Italia è arrivato verso il ’98, ’99, ma il boom iniziale ha portato a un altrettanto veloce declassamento del sistema. “Ci si sono buttati in tanti, troppi, solo per soldi (si veniva pagati tantissimo!) e questo ha fatto sì che non ci si credesse sul serio, e si perdesse di vista l’importanza della qualità del prodotto finale”.
Ma Max e il suo gruppo vogliono riportare in auge un metodo di lavoro “che va valorizzato. Il Flair è stato interpretato come una moda, come giocoleria, mentre è un metodo che rende tantissimo”. Un sistema che gli studenti del Beltrame hanno avuto l’occasione di ammirare, e provare. Grazie all’organizzatore dell’evento, il professor Alessandro Stulfa. Come le è venuta questa idea? “Mi è stata suggerita – spiega Stulfa – e credo che questo tipo di iniziativa, che rompe gli schemi, sia davvero utile ai ragazzi. Loro hanno bisogno di questo, necessitano di stimoli. Non sono tutti nati per fare i pasticcieri e il mondo dell’Americanbar, del Flair, i giovani non hanno nemmeno la possibilità di sapere che esiste. Per questo, ho voluto portarglielo a scuola”. La reazione degli alunni? “Entusiasti e coinvolti, al massimo”.