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28 marzo 2024

Oderzo Motta

''Non criminalizzare i giovani, ma nemmeno gli adulti''

Incidente di Gorgo al Monticano, intervista allo psicologo Franco Tramarin

| Gianandrea Rorato |

| Gianandrea Rorato |

Franco Tramarin

MOTTA DI LIVENZA - «Non criminalizzare i giovani, ma nemmeno gli adulti. In questa fase è necessario il rispetto. Ed è fondamentale instaurare contatto, direi un dialogo tra questi due mondi, per una maggior consapevolezza di sé stessi. E del fenomeno della ‘posizione del gioco’». Lo ha detto Franco Tramarin, psicologo e psicoterapeuta con studio a Motta di Livenza, sul recente tragico incidente di Gorgo al Monticano costato la vita a due giovanissime. Criminologo clinico, è stato anche giudice onorario al tribunale dei minori del Veneto. E conosce in profondità i disagi del mondo giovanile che, necessariamente, si riverberano nel mondo degli adulti. Le domande sono tante, mancano le risposte.
 

Come si può tentare di spiegare un fatto così grave?
«Osservo che, specie nel mondo giovanile, c’è dell'incoscienza, dovuta ad una certa mancata percezione della realtà. Anzi, dirò di più: non c’è la percezione dell identità di sé stessi. Manca la consapevolezza di chi siamo, della nostra vita, del nostro essere oggi, qui. D’altra parte se c’è la consapevolezza e la conoscenza della propria identità, di conseguenza si possono prevedere le eventuali conseguenze delle proprie azioni».

Come inquadra questo fenomeno?
«La definirei 'la posizione del gioco’. Pensiamoci. Ci sono dei ragazzi che, con un’auto di grossa cilindrata, non cercano la realtà nel contesto in cui si trovano; e quasi 'giocano' sulla strada. Non pensano alle conseguenze. La vita non è quella che è ma è un sogno, è quello che vogliamo che sia. Ma il sogno prima o poi è destinato a infrangersi contro la realtà. E’ una dimensione da tenere presente, in questi contesti: vivere come si vorrebbe e non valutando la vita reale».

Ma la questione non riguarda solo i giovani…
«Noto una richiesta di aiuto anche da parte degli adulti, che spesso vivono in una dimensione parallela a quella dei ragazzi, non comunicante. Lo verifico in diverse persone che seguo. E qui si apre il grande capitolo delle relazioni. I ragazzi parlano tra di loro e non entrano in contatto con gli adulti. Mentre allo stesso tempo gli adulti temono di parlare con i ragazzi, per mille motivi. Alla fine rimangono soli sia i giovani, ma anche gli adulti: due mondi che vivono come delle rette parallele che, per definizione, sono vicine ma non si incrociano mai. Anzi, si intersecano solo quando accadono fatti di questo tipo».

Allora che fare?
«Gli adulti devono adoperarsi per trovare un dialogo con i ragazzi. Sono i primi ad avere la responsabilità di poter indirizzare i più giovani alla vita reale. In questa fase due sono gli obiettivi fondamentali. Da una parte la necessità di un dialogo tra mondi paralleli. Dall'altra la necessità di non colpevolizzare, mai. Non colpevolizzare i più giovani, che vivono immersi in valori di una società che magari non li rispecchia. Ma anche non colpevolizzare nemmeno gli adulti. Anzi se mai aiutare a recuperare un dialogo. Solo parlandosi si può arrivare a una più completa consapevolezza di sé stessi e del mondo che ci circonda. E’ difficile, non c’è dubbio. Ma è l’unica strada da percorrere».

 

Nella foto Franco Tramarin (ph Carlo Verardo)

 

 

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Gianandrea Rorato

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