NON STUDIO, NON LAVORO, SONO UN NEET
Un giovane su quattro è nullafacente
TREVISO - Studenti, lavoratori, disoccupati e neet. Si è aggiunta una nuova categoria alla classificazione professionale della popolazione italiana. Che fanno i neet? Nulla. Non studiano, non lavorano, e non cercano alcuna occupazione.
NEET è l'acronimo inglese di "Not in Education, Employment or Training", e indica tutti i giovani tra i 15 e i 29 anni che non stanno ricevendo un’istruzione, non hanno un impiego e non tentano di trovarlo. In base ai dati dell’Istat il tasso di disoccupazione giovanile a novembre è arrivato al 30,1%, in aumento di 0,9 punti percentuali rispetto a ottobre e di 1,8 punti su base annua. E’ il tasso più alto da gennaio 2004. E mentre il numero degli uomini inattivi scende, quello delle donne cresce vertiginosamente.
Il dato, già preoccupante, è reso ancora più drammatico dall’ Ufficio Statistica dell’Unione Europea. Secondo un rapporto, in Europa sono 8 milioni le persone che non hanno un lavoro. Di queste. 2,7 si trovano in Italia: il numero più alto all'interno dell'Ue. Più nel dettaglio: secondo dati relativi al 2010, le persone senza impiego che avevano perso ogni speranza erano 8.250.000, il 3,5% della forza lavoro totale. In Italia la percentuale era addirittura dell'11,1%. Si parla, appunto, di giovani che hanno perso tutte le speranze per il loro futuro. Di giovani laureati, diplomati o senza un’istruzione che hanno smesso, in giovane età, di cercare un impiego. Ma possibile che un giovane su quattro viva così, senza impegni, doveri, obblighi? E perché i ragazzi optano per questa scelta – di scelta, si tratta – di vita?
R.G., vittoriese diciottenne, non sa cosa vuole fare nella vita. E, intanto che lo scopre, non fa nulla. “Mi sono ritirato da scuola un anno fa”, spiega, “Non avevo voglia di studiare, e mi sembrava solo di perdere tempo a stare seduto dietro un banco tutte quelle ore”
E poi? Hai cercato un lavoro? “Sono andato all’Informa Giovani e all’Umana a lasciare il curriculum, ma non mi hanno mai chiamato”. Da più di un anno, R.G, è senza un impiego, e – a parte l’iscrizione alle due agenzie di collocamento – non ha fatto nulla per trovarlo.
La domanda sorge spontanea: Cosa fai durante il giorno? “Mi alzo verso mezzogiorno, mi vesto, vado a prendere i miei compagni a scuola e passo il pomeriggio in centro. Torno a casa per mangiare e dormire”. E i soldi per vivere chi te li dà? “Non mi servono soldi. A casa ho tutto. Magari, per qualche extra, li chiedo ai miei. Ma non sono uno spendaccione”.
E perché questa (non) scelta di vita? “Boh…perché non so cosa voglio fare. Non ho un’idea specifica del mio futuro. Magari più avanti, qualcosa, mi viene in mente”.
Anche F.S, 24 anni, non ha un impiego e non va a scuola. E racconta la sua esperienza. “Ho frequentato l’Istituto d’arte e, dopo il diploma, ho trovato lavoro. Dopo due anni, mi hanno licenziata. Tra i tagli che dovevano fare, c’ero anch’io. Al momento, ho approfittato del tempo che avevo per risolvere delle problematiche familiari, e dare una mano a miei cari che ne avevano bisogno. Inoltre, ero reduce da mesi di lavoro stressante e faticoso, e una pausa mi ci voleva”.
Ma la pausa dura da quasi tre anni. Perchè? “Dopo aver risolto alcune urgenze, ho tentato di trovare un impiego. Ho portato in giro qualche curriculum, ma la risposta era sempre la stessa: “In questo momento non assumiamo. Ti faremo sapere più avanti”. Dopo molteplici risposte negative, delusa e senza speranze, ho smesso di cercare. Com’era possibile che nessuna delle tante aziende che ho girato avesse bisogno di un dipendente?”
Quindi, ora che ti sei data per vinta, come passi le tue giornate? “Mi alzo sempre presto, faccio colazione, e pulisco la casa. Se c’è bisogno, vado a fare la spesa o altre commissioni. Occupo la mattinata così. Mentre, il pomeriggio, spesso sto a casa”.
E i soldi per vivere, chi te li dà? “Ho da parte dei risparmi. Con quelli mi tolgo piccoli sfizi. La spesa e le bollette le paga mio padre, con cui vivo”. E vivrai sempre con lui? “La mia speranza è di mantenermi. Prima o poi”. Un momento di passaggio, quindi, questi tre anni di disoccupazione, vissuti comunque con uno spiraglio di speranza verso un futuro. Un futuro che, per alcuni, è un pensiero proibito.
Y.B., alla mia domanda “Come vedi il tuo futuro?”, non vuole rispondere. “Meglio che non ci penso! Se ci penso, mi vengono le paranoie…quindi faccio a meno”. B., 18 anni, ha smesso di andare a scuola quando ne aveva 16. E da allora, non ha fatto nulla. Vive con la madre e, di trovarsi un impiego, ora non ne ha bisogno. Né voglia, né intenzione. “Mi sono ritirato da scuola perché – davvero – non faceva per me. E poi ho lasciato il curriculum in qualche agenzia di collocamento. Ma non mi hanno chiamato, e allora…”
Non hai fatto nulla in questi due anni? “Mi avevano assunto in un maneggio a Cappella Maggiore, per una specie di stage. Ma dovevo alzarmi ogni mattina alle sei, cambiare tre autobus per arrivarci…E ho capito che nemmeno quello faceva per me”. E cosa fa per te? “Non lo so. Ogni giorno mi sveglio quando non sono più stanco, mi alzo, sento gli amici per sapere se c’è qualcosa in giro e, in quel caso, parto e vado. Se no rimango a casa a aiutare la mamma nelle faccende domestiche. Penso che la cosa migliore sia vivere giorno per giorno”.
Non sanno cosa vogliono ma sono certi di ciò che, ora, non vogliono: un lavoro. I neet stanno bene con quello che hanno.”Aria nei polmoni e qualche foglio immacolato”, direbbe Jack Dawson. Ma con il portafoglio di mamma e papà.